Dopo il uovagate ci siamo risvegliati avvolti da una coltre di nebbia, umido e freddo, tipico clima cantabro che non mi mancava affatto. Nick ha approfittato di onde umane per fare l’immancabile session del mattino, io la mattina con un clima così faccio fatica ad andare in acqua… Anche se so che è solo una cosa mentale, in realtà l’acqua rispetto alla temperatura esterna è calda ed è super piacevole, mi sono tuffata in Sardegna a dicembre con temperature dell’acqua ben peggiori. Ma tuffarmi con la nebbia non ce la faccio, mi ricorda Mantova, il brutto tempo, il freddo, l’inverno…. rabbrividisco! Vado nel mio posto riservato per le foto, sul cucuzzolo di una collinetta che domina il mare, e tento di fare le foto ai surfer, ma non si vede niente. Troppa nebbia. Decido quindi di farmi una passeggiata sulla spiaggia, e sono rimasta affascinata dagli effetti della bassa marea quando il mare si ritira: piccole pozzanghere di acqua salata, fiumiciattoli che riportano l’acqua al mare e vere e proprie piscine naturali dove potersi immergere, facendo il bagno con i piccoli pesci che rimangono ad aspettare che il mare li venga a riprendere. Alghe che vivono metà del loro tempo sotto l’acqua e l’altra metà in superficie. Il fenomeno delle maree da queste parti è veramente accentuato con escursioni di -1.5 mt circa con bassa marea e +1.5mt circa con alta marea. Quindi anche la spiaggia cambia veramente tanto tra un passaggio e l’altro. Divertente quando lasci l’asciugamano in un punto e torni dopo 2 ore e te lo trovi così distante da te che ti chiedi che fine abbia fatto. E no, l’asciugamano non ha le gambe, è solo il mare che si è ritirato. Alla fine quando la nebbia alle 11 circa ha iniziato a diradarsi sono riuscita a scattare due foto al mio surfer preferito.
Ci siamo spostati a Somo nel pomeriggio e al tramonto sono entrata a fare surf anche io, controvoglissima perchè avevo freddo e non avevo assolutamente voglia di bagnarmi i capelli. Sono un diesel, ho bisogno di scaldarmi prima di carburare, quindi la prima mezzora ho fatto la boa poi ho iniziato a prendere confidenza e sono partita. Alla fine, sono sempre quella “aspetto l’ultima e poi salgo!” e l’ultima per una ragione o per l’altra non arriva mai. Abbiamo deciso di farci un cheat meal per recuperare le calorie bruciate e siamo andati a mangiare un hamburger all’Iron, un hamburgeria che ricorda un po’ i tipici fast food degli anni 50, però a tema surf. Hamburger con cotoletta di pollo per me, doppio hamburger con salsa barbeque per Nick e credo un kg di patatine fritte. In realtà per bruciare le calorie di una cena così serve almeno una settimana di surf, interrotto! Dopo la cena ci siamo fiondati con il nostro surfskate comprato a Capbreton nello skatepark per imparare ad usarlo un po’. E’ stata una bella serata. Una di quelle che passi veramente spensierata, senza pensare a niente, in pace con il mondo e con te stessa. A volte basta veramente poco, un ottima compagnia, una notte stellata, uno skate.
Di certo questo blog fa bene a me. Scrivendolo mi rendo conto di quanto vorrei essere libera da tutto e mi ritrovo prigioniera di pregiudizi, di programmi, di aspettative e di confronti.
Abbiamo deciso di non andare in Galizia ma questo non vuol dire che non possiamo spostarci da qui per trovare altri spot. Soprattutto quando c’è una grossa mareggiata in arrivo e lo swell (direzione dell’onda) non è proprio giusto per Liencres. Ci spostiamo a San Vincente de la Barquera, a circa 50 km a Ovest da dove eravamo posizionati con il camper. Eravamo già stati l’anno scorso per lo stesso motivo, mareggiata impegnativa e unico spot surfabile era “Sanvi”. L’anno scorso però eravamo rimasti solo il tempo di una surfata.
Incrociando il cammino di Santiago
Parking “Los llaos” a San Vincente
Arriviamo al mattino abbastanza presto, sulla strada incontriamo nebbia e campi a perdita d’occhio. Parcheggiamo in una area sosta, che più che area sosta è un campo adibito a pascolo, adibito a parcheggio con zona di carico e scarico e giusto, credo, 2 bagni e due docce. Una cosa un po’ raffazzonata ma veramente carina. Siamo arrivati che c’era ancora la rugiada sull’erba, le mucche e le pecore nei campi vicini che ci guardavano. Ci siamo sistemati e siamo andati in spiaggia fiduciosi che le condizioni del mare fossero buone. L’unica nota negativa di questa bellissima area sosta/parcheggio/fattoria è la lontananza dal punto in cui si trovano le onde migliori, ovvero vicino al molo con il faro verde. Ma va benissimo come riscaldamento! Io carichissima per la session di surf mi sono smontata in due secondi, quando ho iniziato a vedere i surfisti veri avere la cresta dell’onda sopra la testa… Per evitare di bagnare la muta ho deciso di starmene sulla battigia e di non provare nemmeno ad entrare. Sono rimasta un ora e mezza a sgolosare le onde, segnando l’aumento della marea spostando la mia tavola. Il momento in cui il mare calava e io entravo non è arrivato. Me ne torno al camper con le pive nel sacco. Il pomeriggio passa lento tra un sonnellino pomeridiano e una battuta di pesca finita miseramente. Nick si rifà della pesca andata a male con un’altra session di surf. Io non faccio nemmeno lo sforzo di camminare alla spiaggia, preferisco stare sotto la veranda a leggere un libro e a farmi una session di yoga e meditazione. Un oretta e mezza dedicata a me era quello che ci voleva.
Carico/scarico vista pascoli
Parte della spiaggia di San Vincente de la Barquera
La nostra casa
La vista dalla spiaggia del centro di San Vincente
È lunedì e nell’area sosta non c’è più nessuno. Siamo rimasti in 5 camper e 2 o 3 van, in uno campo che contiene minimo 100 camper, uno spettacolo. Ci siamo svegliati con l’alba ( che in spagna è verso le 8) e guardando fuori vediamo solo la nebbiolina del mattino e le mucche al pascolo, ma come si fa ad abbandonare questo angolo di paradiso? Ma today is my day, me lo sento… Oggi si surfa! Quindi mi metto la muta, paraffina sulla tavola e 1 km a piedi per arrivare allo spot, Nick durante la piacevole passeggiata con tavola sottobraccio mi avvisa “guarda che sono grandi anche oggi!”
Dopo la session surfesca mattutina, abbiamo una cosa importantissima da fare, procacciarci il cibo… E visto che abbiamo appurato che la pesca a spinning qui non produce risultati decidiamo di andare in un supermercato a 1 km e mezzo dall’area camper, abbiamo borsa in tela grande, zaino capiente di modo da essere anche plastic free e non chiedere nemmeno una borsina. Google segnava negozio aperto dalle 10 alle 21, quando arriviamo davanti al supermercato ci rendiamo conto di quanto Google sbagli a volte. Apertura h 16:30. Abbiamo aspettato 1 ora facendo una passeggiata in spiaggia e nei dintorni del market. Un ora praticamente persa. Alle h 16:35 è ancora chiuso, vuol dire che per non si sa quale motivo il negozio oggi è chiuso. (Tra l’altro non un cartello sulla saracinesca che indicasse orari e giorni di apertura, uno deve andare a caso, se ha fortuna becca aperto). Gli altri market purtroppo sono distanti almeno 2 o 3 km per cui dobbiamo prendere assolutamente il camper per spostarci. L’unico paese turistico che ha 3 supermercatini in croce. Smontiamo l’accampamento e andiamo a cercare cibo. Nell’ora persa ad aspettare l’apertura del negozio abbiamo scoperto esserci un parcheggio immenso direttamente sulla spiaggia dove c’è lo spot di surf (Playa Meron), pieno di camper e furgoni decidiamo quindi di ritorno dalla spesa di fermarci lì e fare libera nel parcheggio. Dopo aver fatto spesa nel supermercato più schifoso di tutta Sanvi, andiamo verso il nuovo posto per la notte e passiamo di fianco al market carinissimo che avevamo trovato chiuso ed… è aperto. Maledetti orari spagnoli: noi apriamo 5 minuti prima dell’orario di apertura indicato, loro 15 dopo. Per un lombardo efficente questo è uno scompenso insormontabile. Nick va a farsi una surfata e io sto in relax in spiaggia, volevo fare yoga ma avevo troppa gente intorno per cui ho optato per una meditazione veloce. Finita la session di Nick, ci prepariamo per la doccia, sistemiamo per la cena e ci vengono a rompere le uova nel paniere, la guardia civil passa per tutti i van e i camper parcheggiati avvisando che qui non si può dormire. Benissimo, non ci mettiamo molto a decidere dove passare la notte. La nostra casa nella prateria ci aspetta! Domani il mare dovrebbe calare per dispiacere di Nick e per gioia mia, dita incrociate.
P.s. Quando è ora di preparare la cena scopriamo che… Le uova non ci sono. Disastro! Eravamo convinti di averle messe nel carrello invece non ci sono. Ancora ci chiediamo se Nick le abbia messe nel carrello di qualcun’altro o se le abbiamo lasciate la in cassa pagate. Rimarrà un mistero. Per fortuna abbiamo sempre una scatola di fagioli a salvare la cena!
Cantabria per noi significa Somo e dintorni: un sacco di spot di surf a pochi km uno dall’altro, e a Somo ho fatto il primo primo surftrip quando non avevo ancora la minima idea di cosa potesse significare fare un viaggio che abbia come unico scopo il surf. Quell’anno ho noleggiato la tavola e sono entrata un paio di volte testando le mie maldestre doti di equilibrio e stabilità in acqua, ho convissuto per 5 giorni con uomini con la scimmia del surf e lo tornerei a rifare mille volte quel viaggio. Mi sono innamorata dell’atmosfera di un surf trip, dei panorami della Spagna del nord, delle spiaggie che risentono incredibilmente di cambi di marea pazzeschi, della simbiosi che si vive con l’oceano.
Tornando al viaggio: siamo arrivati a Loredo, il paesino a est di Somo, con il quale condivide la lunghissima e larghissima spiaggia. Abbiamo trovato un parcheggio e siamo andati subito a vedere il mare, non abbiamo resistito alla tentazione di provare la mia tavola e anche se le onde sembravano piccole ci siamo buttati. Beh, mi sono divertita un sacco, la mia nuova tavola è una bomba e mi ha dato un sacco di soddisfazioni, poi acqua limpida, onde divertenti e non impegnative e sole caldo. Finalmente una gioia nel surf dopo tanti santi tirati giù dal cielo! Abbiamo festeggiato bevendo una birretta fresca e mangiando patatine sul nostro telo in spiaggia, guardando un tramonto infuocato. Ma che sensazione è quella che si prova quando si fanno esperienze del genere? Un aperitivo home made sulla spiaggia, noi, il sole che si tuffa nell’oceano. Benessere e pace dei sensi.
A questo punto del viaggio saremmo dovuti ripartire per la Galizia ma il meteo non è stato dalla nostra parte. Un fronte di mal tempo di almeno una settimana ci ha bloccato. Una settimana, 10 giorni di acqua incessante non ce la siamo sentiti di prenderla, voleva dire freddo, grigio e mute che non si asciugano mai. Purtroppo il meteo della Galizia è quasi come quello inglese: nuvolo, freddo, pioggia, nebbia e pochi giorni di sole. L’anno scorso alla fine ci era andata bene, anche se almeno una mezza giornata grigia e di pioggia non ce la toglieva nessuno, ma era agosto. Settembre sicuramente è peggio e viste le previsioni meteo decidiamo di non proseguire. Questa decisione però, ci lascia un po’ di amaro in bocca. Ci eravamo segnati un sacco di spot da andare a testare. Avevamo voglia di stare più isolati, di respirare ancora più libertà .
Adesso mi rendo conto che abbiamo sbagliato una sola cosa: abbiamo programmato. Fino all’ultimo non sapevamo dove saremmo andati ma poi quando abbiamo deciso la destinazione avevamo già un piano, delle tappe prefissate, dei punti da toccare, dei luoghi da fare nostri. Ma programmare significa anche darsi delle aspettative, programmare significa pensare al futuro, andare avanti con la mente e quindi, non vivere il presente. Siamo caduti, come tante volte ci succede, nello schema mentale dell’uomo moderno. Svegliarsi la mattina e pensare a cosa mangerò stasera, alla palestra delle 18, alla cena delle 20 e alla serie Netflix del dopo cena… Tra i mille impegni perdiamo il senso “del qui e l’ora”. Ma il viaggio va vissuto ora per ora, istante per istante. Altrimenti i momenti passeranno via tra le dita senza accorgersene ed il viaggio prenderà un retro gusto amaro.
Difficile staccarsi da questo modo di pensare ma è così che forse riusciremo a ritrovare il gusto fresco che aveva inizialmente il nostro surftrip.