Sono passati 4 mesi e mezzo dalla Sardegna e non ricordo nemmeno più quanto dalle ultime gite in Lombardia per il weekend e sono bastati questi pochi mesi per annientarmi psicologicamente. Ogni volta mentre passeggiavo, o mentre andavo verso Verona, guardavo le montagne e mi sembravano così irraggiungibili. Erano così vicine, fino a 1 anno fa ed adesso sembrano così distanti. Come un carcerato ,mi immagino, che guardi dalle grate della sua finestra il mondo che vive, anche a me sembrava di essere in stand by. Pochi mesi di clausura che però mi sembrano anni. Sono scivolati via dalle mani come la sabbia leggera del deserto, giorni persi perché vuoti di significato. Si, vivo insieme a Nick e stiamo bene anche se passiamo 24su24 insieme, si, ho l’impegno dell’università che mi porta ad essere concentrata su un obiettivo. Ma arrivi ad un punto che non ti basta più nemmeno quello. Le passeggiate diventano tutte uguali, i giorni diventano tutti uguali, la pianura è sempre più piatta e noiosa. E i granelli di sabbia sfuggono tra le dita. E non tornano.
Non mi viene nemmeno voglia di scrivere, non mi viene voglia di allenarmi, non mi viene voglia di vivere. A un certo punto è come se questa non vita ti abbracciasse in un abbraccio soporifero. Ti sussurra: “non andare a camminare? Tanto la fuori è tutto uguale. Stai in casa.”, “non ti allenare, si fa fatica, e lo fai per niente! Siediti sul divano, guardati un film, dormi”. Sono le sirene di Ulisse, cercano di tirarti a se con la promessa che se non farai più niente allora starai bene.
Io ci sono caduta in questa anestesia dei sensi, tanto che non ricordavo più come era vivere la mia vita di prima, quella di viandanti del tempo libero, quella dove ogni weekend si partiva per una nuova meta. E me ne rendo conto ora, che sono coricata su un prato di fianco al nostro Elvis in un campeggio di Torbole. Quando sono arrivata e sono corsa davanti al lago non ci credevo, mi sembrava veramente passata una vita dall’ultima volta che l’avevo visto. Ero in braghini corti e camicia e il vento da Sud (Ora) era fastidiosissimo perché molto forte. Ma non mi importava. La fiammella che si era spenta nel mio cuore si è riaccesa in un attimo. Una fiammata. I brutti pensieri, l’ansia, la sensazione di non essere presente, la sensazione che tutto sia impalpabile, sono spariti. Spazzati via da quel vento. Oggi siamo andati a fare un giro in bici fino a Toblino e ancora più in su, ho fatto fatica tra salite e discese ma ero estasiata dal panorama.
Questo lo scrivo come monito a me, da leggere nei momenti che verranno di buio. QUESTA È LA TUA VITA, continua a lavorare per poterla avere. All’inizio magari pochi giorni poi per arrivare ad averne sempre di più. Non ti fare ingannare dalle sirene di Ulisse, per avere la vita che vuoi, bisogna alzarsi dal divano e prenderla di petto. Tu sei questa: creativa, positiva, sorridente e positiva. Non dimenticarlo!
Immaginate un piccolo laghetto abitato da fenicotteri rosa, un camper parcheggiato a ridosso del laghetto e se si sposta lo sguardo un po’ più in la oltre al laghetto, il mare.
Abbiamo vissuto in questo posto da sogno per quasi 3 settimane, dopo essere stati a S’Archittu, infatti, abbiamo deciso di spostarci verso sud, all’interno di un area sosta che ci permettesse di poter vivere in serenità i giorni di lockdown natalizio. In un area sosta infatti avevamo la possibilità di caricare acqua senza doverla cercare ed inoltre non ci sarebbero stati problemi di batteria perché attaccati alla colonnina della luce. Siamo arrivati nel primo pomeriggio nell’area sosta che si trova a pochi passi dalla spiaggia di Su Giudeu, una delle più belle di Chia, e ci siamo subito sistemati in una posizione perfetta. A ridosso dello stagno, vista mare e sul fianco avevamo un piccolo giardino privato circondato da una siepe. Una casa perfetta. Avevamo anche dei vicini (oltre a fenicotteri starnazzanti): una coppia di ragazzi con due cagnoline, Laila e Luna che animavano quell’oasi di pace e che ci hanno tenuto molta compagnia con la loro vivacità di cucciolone cresciute, Sono stati gli unici contatti con umani in 21 giorni di vacanza oltre a quelli con i cassieri del supermercato. Se non ci fossero stati loro forse avremmo dipinto una palla, e l’avremmo chiamata Wilson. Giusto per farvi capire che li il distanziamento sociale non era affatto un problema.
Le nostre attività sono state svariate, e trovo un po’ di difficoltà a raccontarle. Non era più una vacanza, ma una nuova quotidianità, e devo dire che non ho faticato ad abituarmi. Io dovevo studiare per la sessione invernale degli esami quindi per gran parte del giorno mi ricavavo momenti in cui o in camper (in compagnia di una stufetta elettrica comprata) o nel mio giardino privato ripetevo i miei appunti e fissavo gli argomenti. Ero spaventata su come sarebbe stato studiare in Sardegna in camper con distrazioni, nessuna postazione di lavoro, Nick che doveva magari rimanere in camper e subire argomenti ripetuti a voce alta, mi ero detta che se questi esami non fossero andati bene, l’avrei accettato e capito senza incazzarmi più di tanto… Alla fine mi sono resa conto che anche in quel caso il camper è stato, come sempre, meglio di casa. D’altronde, dopo lo studio avevo voglia di staccare la mente? Una spiaggia deserta mi attendeva a pochi passi dal camper, le onde erano pronte a cullarmi sulla tavola da surf. Se ci ripenso mi viene il magone. Soffro terribilmente essere chiusa in queste 4 mura di mattoni, i soliti giri, le solite passeggiate che mi attendono, le solite serate passate tra cellulare e tv. Nel camper è tutto completamente diverso, il telefono a volte non prende (e in quelle occasioni capisco quanto io ne sia dipendente), non abbiamo la tv quindi non ci rimane che accendere un sottofondo musicale, parlare, scherzare, giocare a carte, andare a letto presto per svegliarci poi all’alba la mattina dopo e goderci tutta la giornata con tutte le avventure che ci aspettano. Un altra VITA.
Oltre allo studio, c’era il surf. Nicola si è fatto praticamente tutti i giorni in acqua a surfare, le condizioni erano sempre bellissime che ci fosse 1 metro, 80 cm o 2 metri. Il colore del mare e la sua trasparenza ti lasciavano senza fiato (anche la temperatura, a volte!). Un giorno abbiamo surfato sotto la pioggia, con il sole che appariva e scompariva tra le nuvole, formando arcobaleni. Un giorno il mare era completamente piatto e abbiamo usato il SUP, andando ad esplorare le calette nei dintorni della nostra spiaggia, la visibilità del fondo era talmente nitida che si vedevano pesci e dune di sabbia sul fondale. I colori del mare passano dall’azzurro chiaro, al verde, al blu profondo e mi sembrava di essere in un quadro. Li hai veramente la possibilità di vivere una vita a colori. Mentre noi sguazziamo, in pianura, sempre nei soliti.
Nick si è dato alla pesca, portando da casa una canna da spinning, una da fondo. Quando siamo arrivati a Chia, dopo aver visto un ragazzo che praticava pesca subacquea, ha deciso di comprarsi anche un fucile. Io ero tra l’incredulo e lo shockato, uno si sveglia una mattina e senza mai aver praticato una cosa si prende l’attrezzatura. La prima volta che l’ha utilizzato avevo paura che si auto-arpionasse, che avrebbe perso la punta in qualche scoglio o chissà che altro. Invece il mio Mac Gyver è riuscito ad usare anche quello al primo colpo. E’ tornato dalla prima pesca subacquea con 2 pesciolini e 1 polpo. Finiti della fregola sarda della sera. E’ stata una soddisfazione mangiare qualcosa che non hai dovuto comprare al banco pesce del supermercato. Una connessione in più con la natura. E’ sceso solo una o due volte a pescare perché purtroppo non aveva la muta apposta per andare in subacquea ma utilizzava quella da surf, che purtroppo non aveva a stessa tenuta e lo stesso spessore che avrebbe dovuto avere una muta “specializzata”. Ha detto che se la procurerà per la prossima avventura. Tra poco toccherà prendere il camper più grosso per farci entrare le nostre (soprattutto le sue) mille mila passioni.
Abbiamo fatto lunghe passeggiate sulla spiaggia e nei dintorni scoprendo altre calette come Cala Cipolla e Cala del morto. Il primo dell’anno, dopo una colazione fatta in giardino, abbiamo fatto una passeggiata fino a raggiungere il faro che si trova al di sopra della spiaggia di Su Giudeu, il faro Spartivento. Faro che è stato riqualificato e trasformato in una struttura ricettiva veramente molto cool, con piscina a sfioro e ambienti raffinati. A testimoniare la storia del faro, si trovano ancora segni delle mitragliate degli aerei americani, della seconda guerra mondiale. Continuando per il sentiero siamo giunti a un casolare dove abbiamo avuto il piacere di ammirare un bellissimo panorama: a sinistra la spiaggia di Su Giudeu, a destra la spiaggia di Tueredda e in lontananza Capo Teulada. Scesi dalla stazione panoramica di capo Spartivento eravamo leggermente accaldati e io, indecisa fino all’ultimo, ho deciso di fare un piccolo bagnetto vestita. Ed è stata una sensazione stupenda. Mi sono sentita libera, selvatica, fuori dalle regole, dai “quello non lo puoi fare”, sbloccata, e slegata da tutti i preconcetti e i pensieri.
La Sardegna mi ha anche regalato la visione delle stellate più belle della mia vita, con tanto, una sera, di stella cadente. La prima volta che sono uscita dal camper, in una sera serena e ho guardato verso l’alto sono rimasta meravigliata. Una coperta di velluto nero piena di Swarovski, alcuni più piccoli, altri più grandi, ma tutti dotati di una luminosità speciale. Un momento magico che mi ha fatto sentire parte di qualcosa.
I giorni prima della ripartenza ho pianto più volte, mi sono commossa, non mi sembrava vero di dover tornare a casa. Come faccio a vivere la mia solita vita quando so cosa mi perdo?! Quando so che le cose che mi circondano a casa non mi emozionano e non mi toccano il cuore come quelle che ho trovato in Sardegna? Mi sono emozionata per il surf sotto la pioggia, per i tramonti, per le passeggiate, per il volo dei fenicotteri, persino per le rondini che volavano sopra il laghetto, mi sono emozionata per la potenza del vento e del mare e per i colori vividi, per la solitudine e per la compagnia dell’unico umano che posso sopportare 24/24 e 7/7. Ho adorato alzarmi al mattino quando il sole sorge, le colazioni sotto la veranda, i pranzi sotto il sole e le cene al calduccio del nostro camper.
Poi si torna a casa e di queste sensazioni rimane un ricordo, il fuoco che si era acceso alimentato dalle esperienze e dalle emozioni di quei giorni piano piano si spegne e non vedi l’ora di ripartire per riattizzare quel fuoco. Al momento rimangono solo i tizzoni ardenti.
Guarda il nostro video sull’avventura in Sardegna e le altre avventure:
Tanto ci siamo chiesti se valeva la pena partire come ogni anno per la Sardegna, avevamo voglia di evadere, avevamo voglia di mare, di sole e di colori. Avevo perso la voglia di fare tutto, persino di fare la passeggiata giornaliera intorno alle campagne di casa mia.
I dubbi si sono sciolti come neve al sole dopo che ho dato il mio ultimo esame universitario prima delle feste di Natale. Il pomeriggio dopo pranzo, alla Tv si parlava solo di chiusure, di colori, di giorni, di regole, di proibizioni. E noi dobbiamo evadere da questa situazione che ormai sembra un film di fantascienza! Abbiamo acquistato il biglietto per il traghetto 8 ore prima della partenza, senza farci influenzare da quello che dicevano tg, ansa e news. Per la prima volta abbiamo prenotato la cabina per la traversata, che non è nello stile surfista “wild”, ma ci sentivamo sicuramente più tranquilli, pochi contatti con umani. Ormai siamo diventati misantropi. Ci siamo resi conto, arrivati a bordo del traghetto, che la cabina era stata la soluzione migliore: i divanetti dove di solito dormivamo erano tutti transennati, oltre il fatto che non c’è nessuna fretta di salire a bordo per prendere i divanetti per dormire, dormi comodo, hai un bagno privato in cui al rientro puoi usare tutta l’acqua che vuoi per farti una doccia calda, e se ti porti del buon vino, si può anche trasformare in un ottimo bar privato.
Trascorsa la notte tranquilla, liberiamo la cabina appena prima che aprano i nostri garage e andiamo a prendere il nostro Elvis che scalpita per l’avventura, la nave è vuota e scendiamo velocemente, passiamo i controlli in cui misurano la febbre e come ogni anno abbassiamo i finestrini… e annusiamo l’aria salmastra. Quest’anno però ad accoglierci c’è la nebbia, c’è buio, è tutto grigio ed umido, sembra di colpo di essere stati rimbalzati a Mantova. Come nel gioco dell’oca quando c’è la casellina “torna alla partenza”. Durante la strada la nebbia si dirada, e compaiono i colori dell’alba che ci fanno improvvisamente vedere pascoli verdi, alberi di sughero e il cielo azzurro. Azzurro, come non lo vedevamo, non ricordo nemmeno da quando. Perché in pianura anche quando c’è sereno, il cielo, fateci caso, non è mai azzurro, ha sempre toni sul grigio, biancastro. Nemmeno il cielo ha colore. Durante il tragitto facciamo una sosta al bar, dopo 1 mese e mezzo di zona arancio non ci sembra vero di bere un cappuccino e divorarci una brioche seduti ai tavoli dell’autogrill. Come cambiano le percezioni di normalità, quando ti cambia il mondo intorno. Ci incamminiamo di nuovo ed arriviamo ad Alghero, Nicola, che è l’uomo delle mille passioni ha deciso che quest’anno provvederà alla nostra cena andando a pesca, quindi si fionda in un negozietto di pesca a prendere delle esche vive da portare con noi nella nostra avventura. Prima di raggiungere la spiaggia di Porto Ferro dove avremmo passato il pomeriggio, veniamo fermati da un pastore sardo che vende formaggi car by car e ci appioppa una bella forma di pecorino da 1,7 kg. Ottimo, mi ci voleva proprio per completare il piatto del pranzo: culurgionis (tipica pasta sarda) con sugo al pomodoro e grattugiata di formaggio pecorino come se piovesse. Arriviamo al parcheggio e corro subito in spiaggia a vedere il mare. La baia di Porto Ferro mi si apre davanti agli occhi, il mare è calmo, e trasparente, vado subito a sentire la temperatura dell’acqua con le mani, fredda, ma non troppo, giusta per un bel giro in sup nel pomeriggio. Mi sono seduta sulle rocce e ho respirato a pieni polmoni l’aria e mi sono sentita presente, al posto giusto e al momento giusto. Il costante senso di incertezza e inconsistenza che sento nella casa di mattoni e nella quotidianità scompare appena monto sulla nostra casa su ruote. Pensandoci bene dovrebbe essere un controsenso eppure per la mia anima non lo è. Sul nostro Elvis mi sento presente, centrata, VIVA. Il mio animo gipsy sembra nutristi della libertà che respiro quando cavachiamo le strade (ridin’roads), del contatto con il mare, con i venti, con la sabbia, la terra con gli elementi. Elvis poi mi fa sentire protetta, in un abbraccio, ho tutto ciò di cui ho bisogno: bagno, cucina e piccola camera da letto con 2 finestre che ogni mattina mi permettono di vedere l’alba. E poi, ormai lo sapete, amo passare del tempo con il mio partner in crime, e il camper ci permette di vivere fianco a fianco ma anche di prenderci spazi quando lo desideriamo.
Nel pomeriggio ho convinto Nick ad andare a fare un giro in Sup, l’intenzione era quella di fare una “passeggiata” tra le calette nei dintorni di Porto Ferro, in realtà ci siamo fermati al di sotto della rocca dove si sviluppavano delle ondine di 20/30 cm e ci siamo divertiti per ore e ore a cavalcare queste mini onde. Il clima era piacevolissimo, primavera inoltrata e il sole era caldo. Credo di essere stata più in acqua che sulla tavola tra cadute e tuffi, è stato un bellissimo benvenuto dall’isola. La sera ci siamo poi spostati a dormire in una zona più appartata, sempre vista mare. La luna si specchiava nel mare e il rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia erano la ninna nanna per la nostra prima notte in camper dopo tanto.
Il giorno dopo abbiamo deciso di spostarci a sud, il nostro piano era quello di arrivare a Chia, sistemarci in un area camper e di passare i giorni arancio e rossi all’interno dell’area sosta così da evitare problemi di multe o contestazioni. Le condizioni del mare promettevano bene, sarebbe stato dalla nostra parte e avremmo potuto surfare per molti giorni. Siamo scesi per la strada costiera che arriva a Bosa che offre sempre dei bellissimi panorami sulle coste frastagliate dell’algherese, sosta a Bosa per un caffè vista mare e siamo ripartiti direzione S’Archittu. S’Archittu è un meraviglioso borghetto nella costa centro occidentale, noto per la roccia di origine calcarea che forma un arco ed impreziosisce le spiaggette del borgo. Abbiamo trovato con difficoltà un posticino per posteggiarci, ma quando ci siamo parcheggiati ci sembrava di vivere in un sogno: parcheggio piccolissimo, su una lingua di terra che univa la terra ferma a un piccolo promontorio. Nick ha voluto subito buttare la canna in acqua per tentare di pescare la cena (per fortuna avevamo il frigorifero pieno di deliziosi manicaretti) io invece ho preferito rilassarmi cullata dal rumore del mare. L’intenzione era quella di andare a fare il giro intorno all’arco di pietra ma purtroppo Nick non aveva tanta voglia e io da sola, non mi fidavo. Il fondale della baia era tappezzato da ricci e non avevo voglia di passare le sera a togliere spine nella malaugurata evenienza che fossi caduta in acqua. Mi sono seduta su una roccia e ho contemplato il tramonto, ho guardato il sole che andava lentamente a spegnersi nel mare, un altro giorno era finito e non avevo niente da rimpiangere. Ero grata di tutte le cose che questa giornata mi aveva offerto. E di quello che stava per venire. La sera abbiamo cenato (non grazie al pesce che ha procurato Nick) con la vista del piccolo borgo illuminato che si rifretteva nel mare.
Dopo il uovagate ci siamo risvegliati avvolti da una coltre di nebbia, umido e freddo, tipico clima cantabro che non mi mancava affatto. Nick ha approfittato di onde umane per fare l’immancabile session del mattino, io la mattina con un clima così faccio fatica ad andare in acqua… Anche se so che è solo una cosa mentale, in realtà l’acqua rispetto alla temperatura esterna è calda ed è super piacevole, mi sono tuffata in Sardegna a dicembre con temperature dell’acqua ben peggiori. Ma tuffarmi con la nebbia non ce la faccio, mi ricorda Mantova, il brutto tempo, il freddo, l’inverno…. rabbrividisco! Vado nel mio posto riservato per le foto, sul cucuzzolo di una collinetta che domina il mare, e tento di fare le foto ai surfer, ma non si vede niente. Troppa nebbia. Decido quindi di farmi una passeggiata sulla spiaggia, e sono rimasta affascinata dagli effetti della bassa marea quando il mare si ritira: piccole pozzanghere di acqua salata, fiumiciattoli che riportano l’acqua al mare e vere e proprie piscine naturali dove potersi immergere, facendo il bagno con i piccoli pesci che rimangono ad aspettare che il mare li venga a riprendere. Alghe che vivono metà del loro tempo sotto l’acqua e l’altra metà in superficie. Il fenomeno delle maree da queste parti è veramente accentuato con escursioni di -1.5 mt circa con bassa marea e +1.5mt circa con alta marea. Quindi anche la spiaggia cambia veramente tanto tra un passaggio e l’altro. Divertente quando lasci l’asciugamano in un punto e torni dopo 2 ore e te lo trovi così distante da te che ti chiedi che fine abbia fatto. E no, l’asciugamano non ha le gambe, è solo il mare che si è ritirato. Alla fine quando la nebbia alle 11 circa ha iniziato a diradarsi sono riuscita a scattare due foto al mio surfer preferito.
Ci siamo spostati a Somo nel pomeriggio e al tramonto sono entrata a fare surf anche io, controvoglissima perchè avevo freddo e non avevo assolutamente voglia di bagnarmi i capelli. Sono un diesel, ho bisogno di scaldarmi prima di carburare, quindi la prima mezzora ho fatto la boa poi ho iniziato a prendere confidenza e sono partita. Alla fine, sono sempre quella “aspetto l’ultima e poi salgo!” e l’ultima per una ragione o per l’altra non arriva mai. Abbiamo deciso di farci un cheat meal per recuperare le calorie bruciate e siamo andati a mangiare un hamburger all’Iron, un hamburgeria che ricorda un po’ i tipici fast food degli anni 50, però a tema surf. Hamburger con cotoletta di pollo per me, doppio hamburger con salsa barbeque per Nick e credo un kg di patatine fritte. In realtà per bruciare le calorie di una cena così serve almeno una settimana di surf, interrotto! Dopo la cena ci siamo fiondati con il nostro surfskate comprato a Capbreton nello skatepark per imparare ad usarlo un po’. E’ stata una bella serata. Una di quelle che passi veramente spensierata, senza pensare a niente, in pace con il mondo e con te stessa. A volte basta veramente poco, un ottima compagnia, una notte stellata, uno skate.
Scrivere questo capitolo del blog mi sta mettendo un po’ in difficoltà. Da qui in poi,fino al rientro è stato un girare tra Somo e Liencres. Per Nick due sessioni di surf al giorno (mattina e sera) per me a seconda dei giorni. Insomma niente di fantasmagorico, niente di incredibile, niente di eclatante. Solo noi, le nostre giornate passate tra un bagno e una camminata e una capatina al supermercato a fare spesa. Cose che vi possono interessare? Non lo so. Mi chiedo se mi sottovaluto io, se sottovaluto la nostra strana (per alcuni) concezione di vita: quella per cui vale la pena prendere su il camper ogni qualvolta il mondo ce lo consente e scappare da una società che poco ha a che fare con i nostri ideali. Ma non voglio nemmeno sopravvalutarlo, nel senso che non voglio essere quella che passa per una esaltata perché scrive per piacere personale le sue piccole avventure. Cerco di farmi capire meglio, facendo un esempio concreto. Oggi siamo bombardati sui social da immagini sempre perfette, visi perfetti, fisici perfetti, vite perfette. Parlando di van life: basta aprire instagram e scrivere un ashtag qualsiasi che si aprono foto di una bellezza impressionante, furgoni vista via lattea, risvegli bevendo un caffè vista mare su una scogliera isolati dal mondo (con un VW Westfalia super stiloso e completamente rifatto), dronate pazzesce su foreste incantate. Parlando di active lifestyle poi, la concorrenza è spietata, e ti ritrovi in profili che fanno veramente cose incredibili: salti da scogliere pazzesche, discese in bici da perdere il fiato solo a guardarle, surf nei posti più incredibili del mondo. Io cos’ho da offrire a chi mi legge? Alla fine si tratta della nostra quotidianità senza sensazionalismi e senza infighettamenti. Siamo io, Nick e il nostro Elvis che ha un bellissimo oblo panoramico, un bagno spaziosissimo, due finestre sulla camera da letto, che è super accogliente e che per me è casa. Ma non regge il confronto con un VW T1 infighettato. Io e Nick amiamo girare in camper ma a parte due o tre posti fighissimi dove ci siamo fermati a dormire, il resto erano parcheggi normalissimi in mezzo ad altri normalissimi camper. Ci piace stare in mezzo alla natura, vivere avventure, ma personalmente la scogliera più alta dalla quale mi sono buttata sarà stata 8 mt e stavo facendo un canyoning guidato… Nick sicuramente dal punto di vista “sport addicted” è sicuramente più portato di me che sono da sempre considerata una scansafatiche.
Forse dovrei semplicemente spegnere i social e smettere di fare paragoni. Perché alla fine quello che conta siamo noi, la nostra vita, il nostro modo di vivere, le nostre scelte. Non è giusto offuscare la propria felicità solamente perché non ci si sente abbastanza rispetto ad altri.
Di certo questo blog fa bene a me. Scrivendolo mi rendo conto di quanto vorrei essere libera da tutto e mi ritrovo prigioniera di pregiudizi, di programmi, di aspettative e di confronti.
Abbiamo deciso di non andare in Galizia ma questo non vuol dire che non possiamo spostarci da qui per trovare altri spot. Soprattutto quando c’è una grossa mareggiata in arrivo e lo swell (direzione dell’onda) non è proprio giusto per Liencres. Ci spostiamo a San Vincente de la Barquera, a circa 50 km a Ovest da dove eravamo posizionati con il camper. Eravamo già stati l’anno scorso per lo stesso motivo, mareggiata impegnativa e unico spot surfabile era “Sanvi”. L’anno scorso però eravamo rimasti solo il tempo di una surfata.
Incrociando il cammino di Santiago
Parking “Los llaos” a San Vincente
Arriviamo al mattino abbastanza presto, sulla strada incontriamo nebbia e campi a perdita d’occhio. Parcheggiamo in una area sosta, che più che area sosta è un campo adibito a pascolo, adibito a parcheggio con zona di carico e scarico e giusto, credo, 2 bagni e due docce. Una cosa un po’ raffazzonata ma veramente carina. Siamo arrivati che c’era ancora la rugiada sull’erba, le mucche e le pecore nei campi vicini che ci guardavano. Ci siamo sistemati e siamo andati in spiaggia fiduciosi che le condizioni del mare fossero buone. L’unica nota negativa di questa bellissima area sosta/parcheggio/fattoria è la lontananza dal punto in cui si trovano le onde migliori, ovvero vicino al molo con il faro verde. Ma va benissimo come riscaldamento! Io carichissima per la session di surf mi sono smontata in due secondi, quando ho iniziato a vedere i surfisti veri avere la cresta dell’onda sopra la testa… Per evitare di bagnare la muta ho deciso di starmene sulla battigia e di non provare nemmeno ad entrare. Sono rimasta un ora e mezza a sgolosare le onde, segnando l’aumento della marea spostando la mia tavola. Il momento in cui il mare calava e io entravo non è arrivato. Me ne torno al camper con le pive nel sacco. Il pomeriggio passa lento tra un sonnellino pomeridiano e una battuta di pesca finita miseramente. Nick si rifà della pesca andata a male con un’altra session di surf. Io non faccio nemmeno lo sforzo di camminare alla spiaggia, preferisco stare sotto la veranda a leggere un libro e a farmi una session di yoga e meditazione. Un oretta e mezza dedicata a me era quello che ci voleva.
Carico/scarico vista pascoli
Parte della spiaggia di San Vincente de la Barquera
La nostra casa
La vista dalla spiaggia del centro di San Vincente
È lunedì e nell’area sosta non c’è più nessuno. Siamo rimasti in 5 camper e 2 o 3 van, in uno campo che contiene minimo 100 camper, uno spettacolo. Ci siamo svegliati con l’alba ( che in spagna è verso le 8) e guardando fuori vediamo solo la nebbiolina del mattino e le mucche al pascolo, ma come si fa ad abbandonare questo angolo di paradiso? Ma today is my day, me lo sento… Oggi si surfa! Quindi mi metto la muta, paraffina sulla tavola e 1 km a piedi per arrivare allo spot, Nick durante la piacevole passeggiata con tavola sottobraccio mi avvisa “guarda che sono grandi anche oggi!”
… … … (momento di silenzio e di riflessione) Io non capisco perché ogni volta mi deve avvisare che le onde sono grosse e impegnative, piuttosto preferisco il silenzio, un religioso silenzio che già dice tutto. D’altronde noi donne capiamo anche i silenzi e poi, che sono grandi me ne accorgo anche io. Fossi una ragazza che rischia, impulsiva e senza paura allora magari le parole potrebbero fare la differenza. Ma io sono la persona più fifona e cagasotto del mondo, fai senza farmi venire ulteriori ripensamenti. A volte penso che sia tutta una trovata per non farmi entrare in acqua, così lui si diverte, prende le onde e non si deve preoccupare della piccola otaria parcheggiata sulla line up. Ma arriverà il giorno in cui ti ruberò tutte le onde e questa me la pagherai.
Questa volta però non posso fare come ieri, non posso prepararmi, spararmi passeggiata con tavola sottobraccio e non bagnarmi neanche. Entro, sono visibilmente qualche millimetro in meno di ieri. L’ho già detto, quando sei fuori e le guardi sembrano sempre più piccole di quello che sembrano, in realtà quando entri e devi affrontarle, cambia nettamente il punto di vista. Alla fine quando sei in acqua che pagai sulla tavola le vedi arrivare dal basso all’alto e fanno tutto un altro effetto. Mi faccio strada tra schiume, e corrente, prendo 4 bombe in testa che mi danno il buongiorno, un altro sforzo e… Arrivo sulla line up. Quando ho remato? Mi sembra di aver fatto 3 km, guardo la spiaggia e sarà forse a 300 metri. Comunque ora sono “al sicuro”, le onde sfilano sotto la mia tavola e io potrei stare qui a guardarela trasparenza e il colore del mare per un sacco. Un pesce addirittura salta tra la mia tavola e quella di Nick. “Wow” grida Nick “hai visto che figo, un pesce è saltato a pochissimo da noi, era grandissimo”, io con gli occhi del terrore mi immagino già che il pesce è saltato per salvarsi dal predatore che lo stava cacciando ed in automatico tiro fuori dall’acqua le gambe e controllo che non ci siano ombre strane sotto il pelo dell’acqua. Capite, la ragazza che non deve chiedere mai, ecco, non sono io. Eravamo rimasti al mio arrivo sulla line up e oltre a preoccuparmi del pesce che si è sentito per un attimo delfino, devo ovviamente riprendere fiato dallo sforzo fatto per risalire le onde, tenere d’occhio gli altri che mi sono vicini non devo essere d’impiccio in partenze/non devo rubare le onde/devo rispettare le precedenze/guardare dove rompe l’onda , vedere di non farmi spostare troppo dalla corrente (trovare sempre un punto di riferimento che posso vedere dalla spiaggia aiuta a capire se la corrente ti sta trascinando via o no), e per ultimo devo cercare di non farmi sputare fuori dall’oceano incazzato. In tutto questo ambaradan di cose a cui pensare, non so come ma riesco a prendere un onda, ma poi per la tensione e per paura invece che alzarmi in piedi finisco sulle ginocchia. Nooooooo… Avevo tutto sotto controllo eppure sta benedetta fifa di finire nella lavatrice dell’onda mi ha fatto sbagliare! Una partenza con il botto. Ho preso un onda, male e sono nel punto in cui si tutte le onde si infrangono, ora devo risalire e tornare dove ci sono gli altri. Cercando di non essere di impiccio agli altri che prendono l’onda, perché chi sta surfando ha la precedenza su quello che la sta risalendo. Quindi se sei in traettoria o ti sposti o rischi una tavola in testa. A ogni onda che mi viene addosso ripeto il mio motto del giorno “a cazzo duro” che è volgare ma rende l’idea. Sembra comunque che non sortisca alcun effetto. Anzi, arrivano 3 bombe che mi si rompono in testa, tento di non perdere posizione ma mi fanno indietreggiare di 2 metri. Mi sa che per oggi mi accontento, allenamento per la posizione sulla tavola e per la remata l’ho fatto, ora l’oceano mi sta gentilmente accompagnando alla porta. Grazie caro, è stato breve ma intenso. Sto sulla spiaggia a fissare per un po’ il mare abbatacchiata ma poi rispetto a ieri c’è più grinta e più convinzione e decido di rientrare, vedo infatti un signore che sta imparando la partenza tra le schiume e decido di andargli a fare compagnia. Di certo non è che impari tantissimo, anzi è un tornare indietro ma almeno sto ancora in acqua e di sicuro mi diverto di più che stare insieme a surfisti più esperti a fare la boa.
Dopo la session surfesca mattutina, abbiamo una cosa importantissima da fare, procacciarci il cibo… E visto che abbiamo appurato che la pesca a spinning qui non produce risultati decidiamo di andare in un supermercato a 1 km e mezzo dall’area camper, abbiamo borsa in tela grande, zaino capiente di modo da essere anche plastic free e non chiedere nemmeno una borsina. Google segnava negozio aperto dalle 10 alle 21, quando arriviamo davanti al supermercato ci rendiamo conto di quanto Google sbagli a volte. Apertura h 16:30. Abbiamo aspettato 1 ora facendo una passeggiata in spiaggia e nei dintorni del market. Un ora praticamente persa. Alle h 16:35 è ancora chiuso, vuol dire che per non si sa quale motivo il negozio oggi è chiuso. (Tra l’altro non un cartello sulla saracinesca che indicasse orari e giorni di apertura, uno deve andare a caso, se ha fortuna becca aperto). Gli altri market purtroppo sono distanti almeno 2 o 3 km per cui dobbiamo prendere assolutamente il camper per spostarci. L’unico paese turistico che ha 3 supermercatini in croce. Smontiamo l’accampamento e andiamo a cercare cibo. Nell’ora persa ad aspettare l’apertura del negozio abbiamo scoperto esserci un parcheggio immenso direttamente sulla spiaggia dove c’è lo spot di surf (Playa Meron), pieno di camper e furgoni decidiamo quindi di ritorno dalla spesa di fermarci lì e fare libera nel parcheggio. Dopo aver fatto spesa nel supermercato più schifoso di tutta Sanvi, andiamo verso il nuovo posto per la notte e passiamo di fianco al market carinissimo che avevamo trovato chiuso ed… è aperto. Maledetti orari spagnoli: noi apriamo 5 minuti prima dell’orario di apertura indicato, loro 15 dopo. Per un lombardo efficente questo è uno scompenso insormontabile. Nick va a farsi una surfata e io sto in relax in spiaggia, volevo fare yoga ma avevo troppa gente intorno per cui ho optato per una meditazione veloce. Finita la session di Nick, ci prepariamo per la doccia, sistemiamo per la cena e ci vengono a rompere le uova nel paniere, la guardia civil passa per tutti i van e i camper parcheggiati avvisando che qui non si può dormire. Benissimo, non ci mettiamo molto a decidere dove passare la notte. La nostra casa nella prateria ci aspetta! Domani il mare dovrebbe calare per dispiacere di Nick e per gioia mia, dita incrociate.
Playa Meron
Playa Meron
Sto entrando nella mentalità del surfista… il surf è sofferenza per dieci uscite e 1 di incredibile gioia. Oggi finalmente c’è stata una gioia! Ondine giuste, fatica giusta per arrivare alla line up, partenze non troppo veloci, non troppo affollamento in acqua, nessun pesce che si crede un delfino e il buonumore che si irradia per tutta la spiaggia. Già mi vedo, anche oggi pomeriggio a surfare ondine bellissime e super ordinate. Ma… Noi no, non riusciamo a stare fermi e dopo la session del mattino e un pranzetto con spaghetti alle vongole in camper (si, ci trattiamo bene) abbiamo deciso di spostarci a Liencres, si, il posto con le onde mangia uomini. Abbandoniamo Sanvi che stava iniziando a piacermi, il nostro “locus amoeno” che ci dava un senso di pace e di relax, forse perché ci teneva fuori dal caos della strada, della spiaggia e per questi pochi momenti ci siamo circondati di natura più che di persone. Stare a contatto con la natura penso che sia il regalo più bello che possiamo farci, guardare rapaci che volano liberi in cielo, il contatto dei piedi con l’erba bagnata di rugiada, il rinfrescarsi dell’aria quando scende la sera, il fatto di esserci solo noi che possiamo godere di un tramonto su di una scogliera. In questo viaggio c’è un po’ mancato questo lato wild, ma direi che qui almeno un po’ ce lo siamo goduti! Mentre ci allontaniamo da Sanvi, guardo le onde che si infrangono in spiaggia e sono spettacolari. Liscie, senza vento, giornata di sole e acqua super trasparente. Ancora ci penso a quelle onde che avrei potuto surfarmi. Vabbè, sfruttiamo il fatto che ci spostiamo per fare un po’ di spesa e per fare diesel, ho perso delle onde perfette almeno impieghiamo bene questo tempo. Ma nemmeno quello ci va bene, oggi, 15 settembre è festa della Cantabria, nessuno lavora. Niente spesa, ma per fortuna, dico a Nick, abbiamo ancora le uova prese in quel market schifoso. Liencres ci dà il bentornato con un mare incazzato, mi sembra giusto, andiamo via da uno spot dove c’erano onde da copertina e arriviamo qui con onde mangia uomini. Nick entra per una sunset session che va tanto di moda tra surfisti, io vado in spiaggia a godermi il sole. Al tramonto un deejay, dal bar direttamente sulla spiaggia, inizia a mettere su della musica, e devo dire che un tramonto con colonna sonora non è male. Soprattutto quando la colonna sonora ti fa capire di essere nel luogo giusto al momento giusto, grazie a Vasco e al deejay forse italiano: “Una splendida giornata/ Stravissuta, straviziata, stralunata/Una splendida giornata/Sempre con il sole in faccia fino a sera/Finché la sera di nuovo sarà”
P.s. Quando è ora di preparare la cena scopriamo che… Le uova non ci sono. Disastro! Eravamo convinti di averle messe nel carrello invece non ci sono. Ancora ci chiediamo se Nick le abbia messe nel carrello di qualcun’altro o se le abbiamo lasciate la in cassa pagate. Rimarrà un mistero. Per fortuna abbiamo sempre una scatola di fagioli a salvare la cena!
Quando arriviamo in Spagna, l’obiettivo è solo uno, la Galizia e perché no, il nord del Portogallo. Della Galizia ci siamo innamorati lo scorso anno, pascoli verdi, foreste di eucalipti, spiaggie semi deserte, parcheggi vista oceano e pochissimo turismo, per non parlare ovviamente dei bellissimi spot di surf. Decidiamo, però, di fare una sosta in Cantabria, per dividere il viaggio e non perdere una giornata in camper. Una giornata significano almeno 2/3 session di surf, non possiamo assolutamente perdere tempo prezioso.
Cantabria per noi significa Somo e dintorni: un sacco di spot di surf a pochi km uno dall’altro, e a Somo ho fatto il primo primo surftrip quando non avevo ancora la minima idea di cosa potesse significare fare un viaggio che abbia come unico scopo il surf. Quell’anno ho noleggiato la tavola e sono entrata un paio di volte testando le mie maldestre doti di equilibrio e stabilità in acqua, ho convissuto per 5 giorni con uomini con la scimmia del surf e lo tornerei a rifare mille volte quel viaggio. Mi sono innamorata dell’atmosfera di un surf trip, dei panorami della Spagna del nord, delle spiaggie che risentono incredibilmente di cambi di marea pazzeschi, della simbiosi che si vive con l’oceano.
Tornando al viaggio: siamo arrivati a Loredo, il paesino a est di Somo, con il quale condivide la lunghissima e larghissima spiaggia. Abbiamo trovato un parcheggio e siamo andati subito a vedere il mare, non abbiamo resistito alla tentazione di provare la mia tavola e anche se le onde sembravano piccole ci siamo buttati. Beh, mi sono divertita un sacco, la mia nuova tavola è una bomba e mi ha dato un sacco di soddisfazioni, poi acqua limpida, onde divertenti e non impegnative e sole caldo. Finalmente una gioia nel surf dopo tanti santi tirati giù dal cielo! Abbiamo festeggiato bevendo una birretta fresca e mangiando patatine sul nostro telo in spiaggia, guardando un tramonto infuocato. Ma che sensazione è quella che si prova quando si fanno esperienze del genere? Un aperitivo home made sulla spiaggia, noi, il sole che si tuffa nell’oceano. Benessere e pace dei sensi.
L’indomani mattina la scimmia del surf ha svegliato presto Nick, che dopo una sola session di ieri sera aveva bisogno di onde serie. A Somo, il mare non dava soddisfazione, quindi abbiamo deciso di spostarci a Liencres, alla Playa di Valdearenas, una bellissima spiaggia contornata da una duna e un immensa pineta. Abbiamo fatto spesa per il weekend di modo da non spostarsi più, per non rischiare di non trovare poi posti parcheggio. Liencres non l’ho mai visto tranquillo e non mi ha smentito nemmeno questa volta, onde grandi e che mangiavano i surfisti per me, perfette per Nick. Oltre all’altezza, che dalla spiaggia sembrano sempre ondine tranquille poi quando si è in acqua coricati sulla tavola sono tutta un altra cosa, bisogna vedere anche che potenza e che frequenza ha l’onda. Più è distanziata e più avrà acqua dietro di sé. Quindi se un onda di investe, ci saranno più frullate sott’acqua. Nick, è stato bravissimo ed ha fatto una session super, con documentazione fotografica della sottoscritta appollaiata su una roccia a riva.
On the road
Le foto al momento non sono disponibili ma appena scarico e post-produco (un parolone, diciamo, modifico un attimino) le caricherò sicuramente.
Piccole anteprime
Dopo un pranzetto light e ci ributtiamo in spiaggia. Mi metto protezione 30/50 da brava ragazza con incarnato nordico che si brucia anche con un secondo di sole, mi stendo e… inizia il vento. Sabbia che vola e io divento una cotoletta impanata. Avevo della sabbia in testa, nei capelli, nelle orecchie, ovunque! Appena il vento ha rinforzato kiter e windsurfer hanno tirato fuori l’attrezzatura e sono usciti! Tutti tranne uno, Nick è rimasto a guardare la situazione sperando in una diminuzione delle onde, ma più aspettava più il vento gonfiava le onde e più le condizioni diventavano impegnative. Come dicevo prima mai sottovalutare la potenza dell’oceano, le onde erano alte, un errore e devi buttare l’attrezzatura. A fine serata facendo un giro abbiamo trovato la vela di un windsurf nella spazzatura, non deve aver passato un bel quarto d’ora il proprietario. Per fare passare il malumore a Nick, perché ovviamente poi finito i momenti concitati ti chiedi se le condizioni erano davvero ostiche come ti è sembrato oppure era soltanto il timore che parlava, ci siamo seduti vicini al nostro camper vista oceano e abbiamo fatto un aperitivo con patatine e una bottiglia di prosecco che non è arrivata alla fine del tramonto indenne. Un altro giorno vista sole che si tuffa nell’oceano. Non mi godo così i tramonti quando sono a casa.
Kiters in azione
Le condizioni sono ottime qui dove siamo quindi: Liencres sia, anche oggi. Alla fine non siamo nemmeno sistemati male: siamo in un mega parcheggio con altri van e furgoni, abbiamo posto per tirare fuori sedie e goderci dei bellissimi tramonti, siamo attaccati alla spiaggia e abbiamo una fontana d’acqua potabile. Abbiamo tutto ciò che ci serve, anche riserve di cibo! Session mattutina per Nick che trova ondone ma line up abbastanza affollata. Purtroppo io non sono riuscita a fare grandi foto a causa della lontananza dalla riva e dell’affollamento. Individuare Nick così lontano e metterlo a fuoco ogni volta che prendeva un onda mi stava portando a perdere la vista. Dura la vita da fotografa con obiettivi buoni ma non perfetti. Poi nel pomeriggio c’è stata la rivincita di Nick che ha preso coraggio e si è lanciato in acqua con windsurf. Anche qui la fotografa non si è fatta mancare due o tre scatti che arriveranno più avanti. Adoro scattare foto della session perché sono bei ricordi del momento, oltre al fatto che vedersi in foto ti fa capire magari posizioni errate o il giusto assetto sulla tavola. Io ho visto delle mie foto sulla tavola da surf e ho chiesto che non mi vengano più fatte. Avete presente i post su facebook o su Instagram “come mi vedo io” / “come mi vede mia madre”/ “come mi vede il mio moroso”/”come mi vedono gli altri”, ecco, io sulla tavola mi sento bene, stabile, con una posizione da perfetta surfista figa come quelle che si vedono nei video e soprattutto mi sento come se stessi surfando una montagna d’acqua. Nella foto invece la magra verità, una piccola otaria che tenta di stare in equilibrio sulla tavola e surfa onde di mezzo centimetro. Triste verità. Quindi preferisco continuare a pensarmi Giulia Calcaterra, figa sulla sua tavola da surf anche se la verità è tutta un altra.
Anteprima
Anteprima windsurf
A questo punto del viaggio saremmo dovuti ripartire per la Galizia ma il meteo non è stato dalla nostra parte. Un fronte di mal tempo di almeno una settimana ci ha bloccato. Una settimana, 10 giorni di acqua incessante non ce la siamo sentiti di prenderla, voleva dire freddo, grigio e mute che non si asciugano mai. Purtroppo il meteo della Galizia è quasi come quello inglese: nuvolo, freddo, pioggia, nebbia e pochi giorni di sole. L’anno scorso alla fine ci era andata bene, anche se almeno una mezza giornata grigia e di pioggia non ce la toglieva nessuno, ma era agosto. Settembre sicuramente è peggio e viste le previsioni meteo decidiamo di non proseguire. Questa decisione però, ci lascia un po’ di amaro in bocca. Ci eravamo segnati un sacco di spot da andare a testare. Avevamo voglia di stare più isolati, di respirare ancora più libertà.
Adesso mi rendo conto che abbiamo sbagliato una sola cosa: abbiamo programmato. Fino all’ultimo non sapevamo dove saremmo andati ma poi quando abbiamo deciso la destinazione avevamo già un piano, delle tappe prefissate, dei punti da toccare, dei luoghi da fare nostri. Ma programmare significa anche darsi delle aspettative, programmare significa pensare al futuro, andare avanti con la mente e quindi, non vivere il presente. Siamo caduti, come tante volte ci succede, nello schema mentale dell’uomo moderno. Svegliarsi la mattina e pensare a cosa mangerò stasera, alla palestra delle 18, alla cena delle 20 e alla serie Netflix del dopo cena… Tra i mille impegni perdiamo il senso “del qui e l’ora”. Ma il viaggio va vissuto ora per ora, istante per istante. Altrimenti i momenti passeranno via tra le dita senza accorgersene ed il viaggio prenderà un retro gusto amaro.
Difficile staccarsi da questo modo di pensare ma è così che forse riusciremo a ritrovare il gusto fresco che aveva inizialmente il nostro surftrip.
Ma cosa fa il surfista quando non ci sono onde e vento e il richiamo del mare è più forte di qualsiasi cosa? Va al mare e fa per una volta “la vita da pensionato”. Ogni tanto, tra le nostre avventure capita, raramente, di fermarci e rilassarci, per fortuna mia e per grande disagio di Nick, che vorrebbe sempre essere sul pezzo. In realtà, siamo dei sensibiloni e i nostri amici del Lago di Garda, che non vediamo dall’autunno scorso, hanno organizzato un weekend al mare e abbiamo veramente voglia di vederli e passare un po’ di tempo in loro compagnia.
Partiamo giovedì sera direzione: Lidi Ferraresi. Per la precisione, Porto Garibaldi. Arriviamo la sera tardi, giusto il tempo di trovare un ottimo parcheggio per dormire, grazie a Caramaps che ci ha indirizzato, e grazie al fatto che arrivati alle coordinate ci siamo trovati davanti un enorme spiazzo pieno di camper di ogni tipo e dimensione. Nessun dubbio, stasera dormiamo qui.
La mattina seguente, dopo una colazione leggera a base di french toast dopo aver avuto a che fare con il “camperista che nessun camperista vorrebbe a fianco”: colui che utilizza il generatore a qualsiasi ora del giorno e della notte (fortunatamente la notte non ce n’è stato bisogno), abbiamo fatto una bellissima passeggiata in spiaggia, fino al canale. Dove ci siamo gustati un caffè guardando i pescatori che rientrano alla base dopo una nottata passata in mezzo al mare, scopriamo quasi troppo tardi che i pescherecci attraccavano li vicino e che esponevano il loro pescato proprio sulla banchina del canale. Abbiamo trovato dei gamberoni fantastici e abbiamo deciso che quello sarebbe stato il nostro pranzo, annaffiato da una fresca bottiglia di vino bianco fermo. Non è affatto male la vita da pensionato! Da bravi anzianotti ci siamo sparati un riposino pomeridiano e siamo tornati alla spiaggia per fare un bagnetto nell’acqua colore verde smeraldo. Verde militare forse è il colore più corretto. Diciamo che il mare non è il punto forte dei lidi ferraresi, hanno tante altre buonissime qualità! Per aspettare la cena ci siamo allenati: Nick si è fatto una corsetta di 10 km nei dintorni della spiaggia, io, purtroppo, ferita al piede doppiamente (N.B. mai andare in skate a piedi nudi, soprattutto se non siete esperti) mi sono dilettata con due workout di crossfit. Prima il dovere e poi il piacere…. Infatti la sera siamo andati a mangiare il miglior fritto che io abbia mai mangiato in un localino di fianco al canale. OTTIMO!
Ci ritroviamo dopo tanto tempo con i nostri amici ed è sempre un piacere sentirli sparare una marea di cagate al secondo. Sono fantastici! Nick gli vuole bene e io pure. Il giorno del grande giro in barca è arrivato! Delta del Po arrivano “quei de Torbole”! Chiamati così perché la compagnia è nata a Torbole, baciati dal lago di Garda, forgiati dal windsurf, dai giri in MTB e dalla baldoria post sport, tutti ovviamente wild: furgonati, camperisti, solo auto o tende. Oggi l’unico sport sarà quello di partire dal parcheggio del camper e arrivare alla barca e ritorno. Ma ci divertiremo, ne sono sicura.
Arriviamo alla motonave “Albatros”, e ci sistemiamo nelle nostre postazioni, e salpiamo. Io ho un debole per i viaggi itineranti questo è certo e viaggiare su una barca mi ha sempre affascinato. Diciamo che questo tipo di barca non ha tutto l’allure di una barca a vela ma mi accontento. Ho la possibilità di testare anche la mia nuova ottica Tamron e testarmi soprattutto come fotografa super amatoriale. La nave salpa alle 9/9:30 e si dirige verso nord, si passano i lidi ancora poco affollati fino ad arrivare al lido di Volano, dove scompare il turismo tipico della riviera romagnola e il paesaggio è molto più selvaggio. Passiamo nella Sacca di Goro, una grande secca profonda meno di un metro in alcuni punti, dove si trovano allevamenti di vongole veraci. Arriviamo poi alla foce del Po di Volano, il ramo più a sud del delta. Costeggiamo l’Isola dell’Amore (Scanno di Goro), lembo di spiaggia lungo 8 km con il suo romantico farò ed entriamo nel grande fiume. Il Po di Goro separa Veneto e Emilia Romagna e colpisce per i suoi canneti e l’incontro tra le due acque quella dolce del fiume e quella salata del mare. Si incontrano senza mischiarsi, lo si vede anche ad occhio nudo, i cigni fanno il bagno, una grande quantità di gabbiani ci svolazza intorno. Interessante vedere come ambiente marino e fluviale si uniscono. Ritorniamo all’Isola dell’Amore, circumnavigando un isoletta fluviale, per fare una sosta bagno. Sbarchiamo e ci facciamo strada in un sentiero ancora poco battuto (causa Covid), che ha reso il tutto più avventuroso! Leggendo commenti e esperienze varie sui vari siti, tutti raccontano l’arrivo su questa spiaggia come un’esperienza addirittura mistica, emozionante, che rimane impressa nella memoria. L’unica cosa che mi è rimasto nella memoria non è la spiaggia di sabbia bianca, contornata da una flora rigogliosa, piena di tronchi d’alberi portati al mare dalla corrente del fiume e levigati dalla forza dell’acqua. Ho visto, per l’ennesima volta, la mano dell’uomo che distrugge: oltre infatti a tantissimi alberi dalle forme tortuose e bellissimi, tantissima spazzatura, bottiglie di plastica, vetri rotti, addirittura una lavatrice e un frigo. Ho fatto il bagno e sono tornata alla barca con un po’ di amaro in bocca. Abbiamo pranzato a bordo della motonave degli squisiti piatti cucinati dal cuoco e proprietario con la moglie della motonave. Ci allontaniamo dalla foce del Po e facciamo ritorno alla base, il vino mi ha fatto dimenticare per un attimo lo spettacolo della spiaggia, i gabbiani ci inseguono e danno spettacolo attirati dal cuoco che sta gettando a loro un po’ di pane rimasto dal pranzo e noi iniziamo a danzare sulle note delle canzoni anni 80/90. Sulle note di “Non succederà più” torniamo al Porto. Che sia un segno?!
(Parcheggio Porto Garibaldi: viale Alfonso La Marmora 45, 44029 Porto Garibaldi)
(Friggitoria El Puerto, Via Caduti del Mare, 64, 44029 Porto Garibaldi)
Ragazzi, io sono innamorata di Levanto. La nostra prima vacanza al mare con camper, il mio primo approccio con il mondo del surf e le onde. È stato amore a prima vista: il suo borgo, il centro raccolto, le sue imponenti ville terrazzate sul mare piene di bouganville colorate, i tramonti invernali pazzeschi e il profumo dell’aria che ogni volta ti inebria.
Quando si scorge Levanto dall’alto, arrivando dall’autostrada, ci si rende conto subito che è una perla incastonata tra le montagne. Punta Mesco da una parte e punta Levanto dall’altra, davanti l’azzurro del mare e tutto intorno il verde della vegetazione. Meta ideale per la vacanza attiva: percorsi di MTB (che ancora non ho avuto il piacere di fare), tantissimi percorsi di trekking più o meno impegnativi in mezzo a boschi silenziosi, con scorci su calette deserte e panorami mozzafiato. È addirittura possibile raggiungere le Cinque Terre, tramite i sentieri segnalatissimi, partendo direttamente dal centro di Levanto. Se poi si è troppo stanchi per farsi a piedi anche il ritorno c’è il treno che collega levanto a tutte le Cinque Terre. Bellissima passeggiata per niente impegnativa, da fare, anche in skate o con i pattini è quella per Bonassola e Framura collegate a Levanto tramite una pista ciclo-pedonale ricavata sfruttando un viadotto ferroviario realizzato a fine ‘800. Passeggiata che alterna momenti al chiuso nella galleria e tratti con bellissime viste a picco sul mare. 5km è il percorso tra Levanto/Bonassola e ritorno e 10 km il percorso per andare a Framura e ritorno. Super, per chi si vuole fare una corsetta, visto che il dislivello è praticamente nullo.
Ovviamente, non posso parlare di Levanto senza parlare di surf. È bellissimo vedere il parcheggio davanti al mare riempirsi di surfisti provenienti dall’Italia e dall’estero. Tutti con i loro van aperti, mute ad asciugare e tavole da surf sparse per tutta la passeggiata. Peccato non poter parcheggiare anche il nostro Elvis li, insieme a loro. Camper e Levanto non vanno molto d’accordo, è vietato il parcheggio di camper dappertutto tranne nell’area sosta comunale che è quasi un invito ai camperisti ad andarsene perché non ben accetti: scomoda al centro e al mare, in una zona triste all’ingresso di Levanto, attaccata a una pompa di benzina e alla ferrovia con traffico merci notturno, e la sosta la si paga fior fior di quattrini: 3€ l’ora, 24€ per 12h e 36€ per 24h. La soluzione ideale è il campeggio, che per la stessa cifra (dipende poi da bassa/media/alta stagione) ti offre corrente e tutti i servizi. Se cercate un campeggio comodo al mare e al centro, immerso nel verde e nella pace più completa consiglio il campeggio Acquadolce. Siamo stati i primi a varcare il cancello dopo il lockdown e sono stati veramente carinissimi.
Una mareggiata a Levanto, post lockdown era quello che ci serviva. Onde perfette, sia per Nick che per me. Abbiamo fatto due session insieme sulla line up. Mille cadute, mille frullate ma rispetto all’oceano frullatine piacevoli e divertenti. Solitamente affollata ,la line up, ma questo weekend sono riuscita a trovare i miei spazi.
Il surfista in quarantena è tornato a respirare la libertà che tanto desidera. La ragazza del surfista pure. Finalmente abbiamo ritrovato la nostra natura, le nostre avventure. Ed è stato addirittura meglio dell’ultima volta che siamo usciti con il camper. Forse una pausa ci voleva, per apprezzare ancora di più questo stile di vita. Per farci capire che queste sono le nostre coordinate per la felicità.
Il libro “Le coordinate della felicità” di Gianluca Gotto lo trovate qui: https://amzn.to/2AUA2tN .
Un giorno senza surf è un giorno perso. Partiamo da questo concetto base. Il surf è qualcosa di più dello sport, di un hobby, è un pensiero, una filosofia di vita, è libertà. E’ ribellione, amore per la natura e l’aria aperta. E’ rinunciare alla vita come tutti la intendono per dedicarsi il più possibile a questo stile di vita. Ribellarsi alle catene che la società ti impone e fregarsene dei commenti o dei giudizi degli altri. Cogliere l’attimo, il surf ti insegna anche questo. Le onde vanno e vengono e quando ci sono bisogna assolutamente buttarsi in acqua!
Pensate a un surfista libero, indipendente e ribelle obbligato a stare segregato in casa in quarantena. Per 60 giorni circa. Non lo nascondo, intrattenerlo per 2 mesi circa è stato provante. Ho cercato di spronarlo, incitarlo, incoraggiarlo, tirarlo su di morale, distrarlo ma è stato un lavoro 24/7. Mi sembrava di stare sulle montagne russe, un momento era di buon umore e un momento dopo guardava video di onde su Instagram e su YouTube piangendo. Abbiamo visto qualsiasi Vlog di viaggiatori fulltimers (grazie Yari Ghidone https://www.youtube.com/channel/UC13nR-TN03WJFvn1V53TIwA e Vivere in camper: machitelofaffa https://www.youtube.com/channel/UClNzo49WW7uS-lV0FjfNsGA/about) e qualsiasi film sul surf (film famosi e docu film), abbiamo studiato qualsiasi video di surfisti in Italia cercando di geo-localizzare gli spot che ancora non conoscevamo. Viaggiare, costantemente, anche con la mente. E’ stata una parentesi strana, si passava da giornate vissute come se fossimo in vacanza e giornate vissute con una certa angoscia del futuro. Ma giornate volate via senza lasciare un segno secondo Nick. Io invece credo che mi abbiano lasciato più segno 60 giorni in quarantena che 60 giorni tra lavoro e affari di casa. Ci siamo dedicati a nostri obiettivi, a passioni nuove, come la cucina e vecchie come lo sport (crossfit ha salvato la nostra forma fisica e mentale). Per allietare le giornate al mio surfista in crisi ho addirittura comprato una balance board per allenarsi e per arrivare pronto al momento in cui rientrerà in acqua.
Ma la cosa che più ci ha salvato è stato viaggiare con la mente. L’anno scorso mentre programmavo le mappe del viaggio in Spagna del Nord e Francia mi sono imbattuta nel sito di CaraMaps (https://www.caramaps.com/) utilissimo per programmare i viaggi itineranti ma soprattutto per quando si è in viaggio! Sul sito, infatti, si trova la mappa delle aree sosta, parcheggi, campeggi e aree di carico/scarico inoltre tutte le info su queste: indirizzo, telefono, mail, coordinate Gps, prezzi e addirittura il meteo del giorno ma, fondamentale per me, sono le foto e le recensioni di chi c’è già stato. Sapere più o meno dove dovrò dormire ha la sua importanza sopratutto in libera, quando non hai un “posto sicuro” come il campeggio dove fermarti. Dormire in libera significa dormire in strada, in parcheggi non custoditi, in parchi isolati o vicinissimi alle spiagge. Bellissimo ma rischioso se parcheggi in un parco dove la sera trovi personaggi pericolosi. Quindi affidarci a questo tipo di app ci tranquillizza e finora ci ha sempre fatto passare notti tranquille. Foto e recensioni si sono sempre rivelate super coerenti con la realtà. Si può, in caso di iscrizione al sito, postare foto, recensioni, aggiornare ed aggiungere luoghi, quindi è un sistema in continua evoluzione, questo ti farà guadagnare punti caras nella classifica generale della community (un incentivo per tenere sempre aggiornato i vari luoghi che si visitano). Un ottimo strumento è “pianifica un itinerario” dove puoi andare ad inserire ogni sosta con tanto di chilometraggio tra una tappa e l’altra. Se invece non hai idea di dove fare il prossimo viaggio ci sono tantissime idee nella sezione viaggi tematici. L’app per il cellulare, è utilissima nel viaggio vero e proprio nel caso si volesse trovare un posto dove sostare all’ultimo momento, oppure nel caso l’area sosta/campeggio prefissato fosse full (come ci è successo a Ribadesella o a Levanto), con 60mila luoghi registrati c’è l’imbarazzo della scelta. L’app di CaraMaps ha anche una chat che ti mette in contatto con i membri della community vicino a te. Con un investimento irrisorio (se pensiamo ai prezzi dei navigatori per camper che molte volte danno i numeri), ci si iscrive a PREMIUM con 9,99 euro all’anno e hai a disposizione elenco di circuiti tematici, la possibilità di navigare offline nelle mappe (super importante se sei all’estero e i giga sono limitati), navigatore GPS integrato e la possibilità di avere illimitati filtri nella ricerca.
Ora il lock-down si è allentato, abbiamo ripreso la routine fatta di lavoro e incombenze purtroppo però essendo surfisti lombardi abbiamo ancora limitazioni per lo spostarci tra regioni, inoltre le spiagge del Lago di Garda (parte Lombarda) hanno tutte l’accesso interdetto . Quindi il surfista è ancora più sotto pressione, vede i suoi amici veneti che hanno accesso a Malcesine e a Sottomarina per il windsurf (abbiamo aspettato la Bora tutta inverno e arriva a maggio), i surfisti Liguri che hanno la fortuna di avere delle mareggiate in questo periodo, e i surfisti della Riviera che si divertono con ondine da longboard super divertenti. Per lenire alle ferite della prigionia il surfista si sta dedicando al camper nella speranza che presto riaprano le porte anche a noi. Abbiamo già i motori che scalpitano. Siamo pronti per nuove avventure!
Sarò strana ma io sto bene in questa quarantena. La cosa che apprezzo di più è il tempo che questo isolamento forzato mi sta regalando. Ho tempo di fare tutte le cose che avrei sempre voluto fare: tempo per imparare lo yoga, tempo per concentrarmi sulla meditazione, tempo per ritrovare me stessa. Poi lo studio per il mio futuro, allenamenti per tenermi in forma e non ingrassare visto che un altro hobby della quarantena è cucinare manicaretti. Non ho mai avuto hobby, passatempi, passo tutto il tempo della giornata a correre. Passiamo in realtà, penso di non essere l’unica. Passo finalmente del tempo con Nick, 24h su 24 7/7 e non 3 ore la sera stanchi e distrutti dalla giornata lavorativa. Questo non vuol dire che io non sia preoccupata della Pandemia in corso, che non mi chieda quando mai finirà e potrò tornare a riabbracciare i miei, le mie sorelle e i miei nonni. Ma invece di concentrarmi sul futuro, ho deciso di concentrarmi (come non ho mai fatto) sul presente. Sulla giornata… Sul respiro… Come la meditazione e lo yoga insegnano. E’ un altra cosa positiva di questa prigionia forzata, durante la quotidianità sono sempre stata abituata a pensare, dal mio risveglio la mattina, a quello che verrà dopo: alle 12:30 devo correre a fare crossfit, domani devo correre a fare la spesa prima che vengano ospiti a cena, mercoledì sera ho la cena con i miei, giovedì cena con i suoi, venerdì mi devo preparare per andare via con Elvis, dove si andrà?cosa devo mettere in borsa? e la domenica a pensare che il giorno dopo sarebbe ricominciato tutto da capo: lavoro, corse, palestra, poco tempo per le persone care e per le cose importanti. Questa situazione rivoluzionerà il modo di pensare di tanti, il mio l’ha già rivoluzionato. In attesa di tornare a viaggiare, spero di allietare anche la vostra quarantena, raccontandovi il nostro viaggio più lungo (fino ad ora) fatto con Elvis.
1° giorno – 16 agosto. SI PARTE!!!! Usciamo da casa alle 3:40 di notte, anche il nostro Elvis è pronto alla partenza, abbiamo impiegato 2 giorni per caricare tutto il necessario, nessuna dimenticanza, si spera! Facciamo 2 km e… “Nick non trovo il cellulare”… panico da parte mia, rabbia e frustrazione da parte di Nick… Se va come è andata la partenza … Siamo in una botte di ferro! Si riparte… Ho mappa cartacea, navigatore TomTom e Google Maps per la strada. Si procede senza particolari intoppi, passiamo la Liguria senza problemi. Io incredibilmente riesco a stare sveglia e a far compagnia a Nick, ci fermiamo in un area sosta per un caffè e si riparte! Arriviamo in Francia di prima mattina. Passiamo Monaco, Nizza, Cannes, Frejus. L’adrenalina e la voglia di iniziare questo viaggio ci caricano e non vediamo l’ora di toccare l’oceano. Il piano è guidare fino a Biarritz e fermarci per la notte nei dintorni e l’indomani svegliarci con il mare. Il piano non solo è stato vanificato, ma è stato distrutto e disintegrato. Un castello di sabbia schiacciato dal piede di bambino dispettoso. Durante la marcia sento alla radio la voce della speaker che parla di “trafic” “circulation dense”, allarmata guardo google maps e la scoperta è traumatica. Code da Aix-En-Provence a Montpellier. Un incidente dopo l’altro, una coda dopo l’altra. Un lungo serpentone di macchine ferme su carreggiate di 4/5 corsie. Tratti fatti uscendo dall’autostrada seguendo Google Maps recuperando non si sa , sinceramente, quanti minuti. Abbiamo fatto una sosta per pranzetto veloce in un area sosta in quel tratto di strada e non ci siamo nemmeno potuti rilassare. Nick ha dormito una decina di minuti e io sono rimasta sveglia a controllare il perimetro del camper. Su ogni forum di camperisti in cui si capita, mentre si organizza il viaggio, il monito è lo stesso “mai fermarsi nelle aree soste nel sud della Francia, mai dormire di notte in una di quelle aree sosta”. Il rischio è che ti portino via anche il camper e ti lascino su una panchina a dormire sul materasso. Quindi praticamente in quella mezz’ora che ci siamo fermati io ho studiato qualsiasi persona si aggirasse per quell’area sosta cercando persone sospette. Una sosta veramente riposante. Ripartiamo e ormai la coda è infinita, io non ce la faccio più dopo 14/15 h di camper (senza guidare) sono distrutta, immagino Nick. Passiamo Carcassonne verso le 16:00, ormai l’obiettivo “oceano” è irraggiungibile quindi cerchiamo di avvicinarci il più possibile a Tolosa, in modo che il giorno dopo saremmo partiti presto senza preoccuparsi del traffico della città. Come insegna il manuale del buon camperista la sosta notturna si fa fuori dall’autostrada, quindi usciamo a caso seguendo l’app Park4night che ci segnala un area sosta vicino all’uscita dell’autostrada. Ci troviamo a Castelnaudary, una cittadina carinissima. Purtroppo non siamo riusciti a vedere molto perché siamo arrivati al tramonto e siamo ripartiti all’alba. Ma abbiamo fatto una camminata (per sgranchire le gambe) lungo il romantico Canal di Midi, un canale artificiale che collega il fiume Garonna al mar Mediterraneo. E’ una delle vie navigabili più famose al mondo. Mentre passeggiavamo sul canale abbiamo visto chiatte bellissime con biciclette a bordo e abbiamo sognato per un attimo di stare su una di quelle. In tutto il caos della giornata immaginarci su una chiatta che procede lenta lungo il fiume è stato quasi rigenerante. Un ottima idea di vacanza alternativa, la vita che scorre con il lento scorrere del fiume e trovarti ogni giorno in una cittadina differente: Carcassone, Narbona, Beziers, Sete, Tolosa. Tutto il Canal du Midi è costeggiato da ciclabili dove il tempo scorre con la stessa velocità delle barche che navigano sul fiume. A Tolosa si collega la ciclabile dei due mari che prosegue per Bordeaux e collega il mar Mediterraneo con l’oceano Atlantico, oltre 500 km di vecchi canali, ex ferrovie e strade bianche. Questo gioiellino di posto ci ha dato già due bellissime idee di viaggio insoliti. All’area di sosta non c’era posto e nemmeno nel campeggio comunale ma gentilmente il parcheggio ci ha fatto sostare nel parcheggio esterno. Abbiamo cenato con 4 birre e pommes frites grande gentilmente riforniti da Lilly, la signora che aveva un piccolo baracchino di street food all’interno del campeggio.
2° GIORNO – 17 agosto. Sveglia h 5:00 e ripartiamo! Il mio cervello non è abituato a dormire così poco, Nick sembra che dopo le 15h guidate e 5 h di sonno della notte prima non faccia nemmeno una piega. Non sapevamo bene dove eravamo diretti, non avevamo ben chiaro dove volevamo fermarci. Avevamo solo un obiettivo toccare l’Oceano. Siamo arrivati all’Oceano, a Liencres, a Playa De Valdearenas (Cantabria) alle 13:00. Siamo arrivati sabato 17 agosto, con sole e una bellissima giornata, il giorno più trafficato del mondo. Pensavo che il ferragosto fosse una cosa tipicamente italiana ma mi sbagliavo! Erano tutti in spiaggia, i posti nei parcheggi vicini e lontani dalla spiaggia erano occupati, c’erano macchine ovunque, anche lungo la strada. Eravamo stanchi, sconfortati e delusi. Ci aspettavamo poca gente, la spiaggia tutta per noi come l’avevamo vista a settembre. Abbiamo impiegato un attimo per capire cosa fare e poi abbiamo deciso, abbiamo parcheggiato il camper a 4/5 km di distanza e ce la siamo fatta tutta a piedi… Nick con tavola e muta sottobraccio. E’ stato uno spettacolo passare tutta la pineta e trovarsi una spiaggia ampissima davanti agli occhi. La temperatura era perfetta, basta caldi soffocanti della pianura padana! E noi stentiamo a riconoscere la Cantabria! Nick si tuffa per una session, io rimango a guardarlo e a sonnecchiare. Ho perso neuroni per la mancanza di sonno, non so più in che lingua devo parlare e sono abbastanza rincretinita. Abbiamo fatto un bagnetto, giocando con le onde e un aperitivo con una birretta ghiacciata. Decidiamo di tornare al camper, dobbiamo fare spesa per la serata e dobbiamo tornare ad accaparrarci un posto per la notte nel parcheggio vicino alla spiaggia. Alle 19:30 siamo riusciti a trovare un posticino per Elvis, Nick si spara un’altra oretta in acqua e io lo aspetto in spiaggia. Vedere il tramonto alle 21 di sera non ha prezzo, è spettacolare. Finalmente siamo arrivati al punto di partenza del nostro viaggio!
3° GIORNO: 18 AGOSTO. Svegliarsi ad un orario decente non ha prezzo. Coccolarsi e andare a vedere il mare appena svegli nemmeno. Adoro tutto questo! Sopratutto se il tempo è nuvoloso e fresco. Niente sole, niente caos, niente spagnoli in gita. Che pace! Abbiamo fatto una bellissima passeggiata sotto una pioggerellina fine e diventata poi pioggia tra le dune del parco di Liencres. Poi abbiamo fatto un po’ di vita campereccia. Una giornata così in relax ci voleva proprio! Il pomeriggio ci siamo spostati a Somo (paesino vicino Santander), una destinazione per noi già amica. Ci ha accolto con pioggia e vento e poche onde. Abbiamo incontrato ragazzi che venivano dal nord Italia e un amico che abita la. Abbiamo bevuto una birra o due e ci siamo mangiati un tipico Hamburger spagnolo. Non è vero, non c’era niente di tipico. Era solo un hamburger molto buono. La notte dormiremo nelle vie del paese di Somo, sperando che l’indomani il tempo sia migliore e magari ci siano anche un po’ di onde.
4° GIORNO: 19 AGOSTO. Ci siamo svegliati di buon ora e abbiamo fatto addirittura colazione al bar con una gustosa ed enorme napoletana: un fagottino ripieno di cioccolato. Una super goduria. La giusta carica per entrare in acqua! E’ si, perché oggi non si perde tempo e si entra in acqua! E’ stata un uscita sfiancante, condizioni difficili e mare incasinato. La prima uscita mi ha messo KO. Nick si è fatto un altra session nel pomeriggio ma io ero talmente cotta che sarei affogata o uscita sputata fuori da un onda. Ci sarà tempo per risalire sulla tavola, il fatto è che mi sento proprio brocca. Speriamo di s-broccarmi. Nel frattempo ho passato il pomeriggio in spiaggia a vedere il mio surfista cavalcare le onde poi birrettina e spesa per la cena. Si passa la sera tranquilla con Elvis, bisogna iniziare a mettere dei punti sulla nostra cartina stradale. Prossima tappa: Asturia.