L’abbraccio del mare: Levanto (parte 1)

Finalmente, è arrivato, un week-end in cui possiamo uscire dalla regione ed è prevista una mareggiata! Questo significa una sola cosa: si va al mare finalmente. Preparo tutte le cose da mettere sul camper e fidatevi, ogni volta è un piccolo trasloco: coperte, lenzuola, asciugamani e poi generi alimentari, acqua, vino, skate, tavole da surf, SUP, mute di vario spessore e attrezzattura varia da campeggio. Nicola è il designato del carico/scarico attrezzature sport e camping, e puntualmente dimentica a casa qualcosa, io ovviamente lo sgrido ma so nel profondo che se organizzassi io le cose sarebbero metà cose caricate e metà lasciate a casa. Io mi occupo della parte cucina, che onestamente mi viene piuttosto bene. Io lascio a casa volontariamente delle cose (tipo biscotti) che poi puntualmente però prendiamo nel luogo di arrivo. Non è vita in camper senza biscottini come dolce.

Partiamo pomeriggio tardi e arriviamo a Levanto appena prima del coprifuoco, decidiamo per la notte di dormire in un parcheggio lontano dal mare (anche perché nel parcheggio fronte mare sono vietati i camper), ma prima di andarci a sistemare nel parcheggio decidiamo di andare a respirare un po’ di aria di mare. Dopo praticamente 5 mesi, abbiamo potuto rivedere il mare, annusare il suo profumo, lasciarci cullare dal suo sciabordio, l’umidità dell’aria di mare si è subito adagiata su di noi come in un abbraccio. Ciao mare, a domani!

La mattina dopo, ci svegliamo di buon ora e ci dirigiamo subito verso il campeggio, ma prima di nuovo sosta sulla terrazza vista mare a contemplare il mare calmissimo. C’erano dei ragazzi, su un pontile che facevano strane cose con candele e fuoco, poi si lui si è inchinato sulle ginocchia, la ragazza era incredula, si sono abbracciati e baciati e lui pieno di felicità ha urlato al mondo “ha detto SI”. Io, sono un inguaribile romantica e benché il mio romanticismo non mi sia stato molto d’aiuto o comunque non ha funzionato molto bene, per queste cose mi fanno sciogliere come neve al sole. Mi sono commossa e ho applaudito dalla terrazza per questo bellissimo gesto d’amore. E’ proprio bello lasciarsi trasportare e commuoversi per la felicità di altri, anche se non li hai mai visti prima.

Ci sistemiamo in campeggio su una terrazza bellissima, tutti i bestioni bianchi sono sistemati piano terra e invece il nostro Elvis è riuscito a fare una bella salitina e ha portarci in questo magnifico posto. Il camping è bellissimo, docce sempre calde pulite, attenti alla pulizia e immerso nel verde. Ci sono un sacco di gattini che girano per i vari camper ormai abituati al via e vai di turisti. Ho subito pensato a Luigi, la gattina che mi ha tenuto compagnia mentre studiavo per l’esame di ammissione all’università, chissà se verrà a trovarmi?! Mentre prepariamo tutto il nostro giardino privato con sedie e tavolino, ecco che si avvicina un micio grigio e rosso. LUIGI c’era ancora e mi è subito venuto a dare il “bentornata”, gli ho dato subito una doppia dose di coccole e attenzioni poi abbiamo fatto colazione e abbiamo preparato i SUP. Non è tempo di sentimentalismi, Luigi, il mare ci aspetta!

Non ho mai avuto il piacere di vedere le acque di Levanto così limpide: l’azzurro intenso dell’acqua andava a braccetto con la roccia scura e la vegetazione lussureggiante. Uno spettacolo per gli occhi, per la mente e per il cuore. Ti senti davvero appagato da tutta questa bellezza. Ogni volta che faccio queste cose che mi fanno sentire bene mi viene sempre in mente la canzone “una splendida giornata” di Vasco Rossi e me la canticchio mentre il remo scorre nell’acqua. Abbiamo trovato un perfetto trampolino per una sessione di tuffi, l’acqua era fresca ma con la muta non ci spaventa niente. Stavo talmente bene alla fine, che sarei più uscita dall’acqua.

La mareggiata è arrivata. Mi sveglio alle 6 di mattina carichissima senza sveglia, questo per una persona come Nicola è abitudine per me è straordinario. Io sto a letto anche 10 h e faccio fatica a svegliarmi, mi sta venendo il grande dubbio che sia per il fatto che mi sveglio in una landa depressa e desolata. 6.30 ci rechiamo alla spiaggia, vado a chiamare i nostri compagni di avventura che ci hanno raggiunto, Agata e Andrea e si va in acqua. Andrea e Nicola dove ci sono onde più impegnative, Agata e io andiamo sulle ondine più semplici. Avere un’amica sulle onde è stato divertente, ci spronavamo, chiacchieravamo, ci divertivamo. Saliti, abbiamo fatto una sostanziosa colazione al bar, i nostri amici ci hanno lasciato nel primo pomeriggio e noi ci siamo fatti un bellissimo sonnellino ristoratore. Dopo la sveglia così presto ci stava alla grande.

Il giorno dopo, ancora onde, questa volta la mia faccia era un po’ più contrita, la sveglia non è proprio stata carica del giorno prima ma ero pronta per tornare in acqua. C’era una bellissima giornata ed entrare presto mi avrebbe permesso di surfare con poche persone al fianco. Sono stata abituata troppo bene a Chia, quando eravamo solo in due in acqua. In realtà mi sento un pericolo perché ancora non ho la completa gestione della tavola quindi se c’è tanta gente non entro piuttosto. Mai decisione fu presa meglio, tutti i surfisti entravano a centro baia dove c’era Nick e io ho surfato per un ora e mezza praticamente sola. Poi sono arrivati un gruppo di ragazzi urlatori che mi hanno rovinato tutta la magia della session e ho deciso di uscire dall’acqua. Il surf quando vuole riesce a metterti davvero di buon umore. Alcune volte, non so se succede anche ai pro o ai più bravi, vorresti prendere la tavola spaccarla a metà e non salirci più, altre io mi arrabbio tantissimo con me stessa perché magari continuo a cadere e non riuscire a stare in piedi. Ma il “problema” del surf è che diversamente dalle altre discipline che pratico o ho praticato come nuoto o crossfit, chi comanda è il mare e non c’è una condizione standard con cui confrontarsi. E’ sempre diversa, cambiando spot (luogo) o anche rimanendo nello stesso. Le condizioni del mare variano, le condizioni del vento variano e quindi ogni volta è sempre una volta nuova. Aggiungiamo il fatto che non è un allenamento giornaliero ma saltuario e che purtroppo il mare non lo vedo così spesso complica ancora di più le cose.

Il surf però è qualcosa di più grande del solo atto sportivo, quando non sei connesso con il momento, quando stai pensando ad altro o hai in mente solo la performance allora molto probabilmente sarà una session terribile. Quando invece sei pronto a seguire il flow, quando sei pronto a connetterti con la natura, hai la mente libera e aperta allora riesci a cogliere il potere del surf. Il cielo ti sembrerà più azzurro (anche se magari sta piovendo a dirotto), l’acqua più amica e anche prendersi delle sberle dalle onde in faccia sarà piacevole.

Ecco la versione video del racconto. Cosa preferite?

Pensieri al vento

Sono passati 4 mesi e mezzo dalla Sardegna e non ricordo nemmeno più quanto dalle ultime gite in Lombardia per il weekend e sono bastati questi pochi mesi per annientarmi psicologicamente. Ogni volta mentre passeggiavo, o mentre andavo verso Verona, guardavo le montagne e mi sembravano così irraggiungibili. Erano così vicine, fino a 1 anno fa ed adesso sembrano così distanti. Come un carcerato ,mi immagino, che guardi dalle grate della sua finestra il mondo che vive, anche a me sembrava di essere in stand by. Pochi mesi di clausura che però mi sembrano anni. Sono scivolati via dalle mani come la sabbia leggera del deserto, giorni persi perché vuoti di significato. Si, vivo insieme a Nick e stiamo bene anche se passiamo 24su24 insieme, si, ho l’impegno dell’università che mi porta ad essere concentrata su un obiettivo. Ma arrivi ad un punto che non ti basta più nemmeno quello. Le passeggiate diventano tutte uguali, i giorni diventano tutti uguali, la pianura è sempre più piatta e noiosa. E i granelli di sabbia sfuggono tra le dita. E non tornano.

Non mi viene nemmeno voglia di scrivere, non mi viene voglia di allenarmi, non mi viene voglia di vivere. A un certo punto è come se questa non vita ti abbracciasse in un abbraccio soporifero. Ti sussurra: “non andare a camminare? Tanto la fuori è tutto uguale. Stai in casa.”, “non ti allenare, si fa fatica, e lo fai per niente! Siediti sul divano, guardati un film, dormi”. Sono le sirene di Ulisse, cercano di tirarti a se con la promessa che se non farai più niente allora starai bene.

Io ci sono caduta in questa anestesia dei sensi, tanto che non ricordavo più come era vivere la mia vita di prima, quella di viandanti del tempo libero, quella dove ogni weekend si partiva per una nuova meta. E me ne rendo conto ora, che sono coricata su un prato di fianco al nostro Elvis in un campeggio di Torbole. Quando sono arrivata e sono corsa davanti al lago non ci credevo, mi sembrava veramente passata una vita dall’ultima volta che l’avevo visto. Ero in braghini corti e camicia e il vento da Sud (Ora) era fastidiosissimo perché molto forte. Ma non mi importava. La fiammella che si era spenta nel mio cuore si è riaccesa in un attimo. Una fiammata. I brutti pensieri, l’ansia, la sensazione di non essere presente, la sensazione che tutto sia impalpabile, sono spariti. Spazzati via da quel vento. Oggi siamo andati a fare un giro in bici fino a Toblino e ancora più in su, ho fatto fatica tra salite e discese ma ero estasiata dal panorama.

Questo lo scrivo come monito a me, da leggere nei momenti che verranno di buio. QUESTA È LA TUA VITA, continua a lavorare per poterla avere. All’inizio magari pochi giorni poi per arrivare ad averne sempre di più. Non ti fare ingannare dalle sirene di Ulisse, per avere la vita che vuoi, bisogna alzarsi dal divano e prenderla di petto. Tu sei questa: creativa, positiva, sorridente e positiva. Non dimenticarlo!

Lockdown in Sardegna

Tanto ci siamo chiesti se valeva la pena partire come ogni anno per la Sardegna, avevamo voglia di evadere, avevamo voglia di mare, di sole e di colori. Avevo perso la voglia di fare tutto, persino di fare la passeggiata giornaliera intorno alle campagne di casa mia.

I dubbi si sono sciolti come neve al sole dopo che ho dato il mio ultimo esame universitario prima delle feste di Natale. Il pomeriggio dopo pranzo, alla Tv si parlava solo di chiusure, di colori, di giorni, di regole, di proibizioni. E noi dobbiamo evadere da questa situazione che ormai sembra un film di fantascienza! Abbiamo acquistato il biglietto per il traghetto 8 ore prima della partenza, senza farci influenzare da quello che dicevano tg, ansa e news. Per la prima volta abbiamo prenotato la cabina per la traversata, che non è nello stile surfista “wild”, ma ci sentivamo sicuramente più tranquilli, pochi contatti con umani. Ormai siamo diventati misantropi. Ci siamo resi conto, arrivati a bordo del traghetto, che la cabina era stata la soluzione migliore: i divanetti dove di solito dormivamo erano tutti transennati, oltre il fatto che  non c’è nessuna fretta di salire a bordo per prendere i divanetti per dormire, dormi comodo, hai un bagno privato in cui al rientro puoi usare tutta l’acqua che vuoi per farti una doccia calda, e se ti porti del buon vino, si può anche trasformare in un ottimo bar privato.

Trascorsa la notte tranquilla, liberiamo la cabina appena prima che aprano i nostri garage e andiamo a prendere il nostro Elvis che scalpita per l’avventura, la nave è vuota e scendiamo velocemente, passiamo i controlli in cui misurano la febbre e come ogni anno abbassiamo i finestrini… e annusiamo l’aria salmastra. Quest’anno però ad accoglierci c’è la nebbia, c’è buio, è tutto grigio ed umido, sembra di colpo di essere stati rimbalzati a Mantova. Come nel gioco dell’oca quando c’è la casellina “torna alla partenza”. Durante la strada la nebbia si dirada, e compaiono i colori dell’alba che ci fanno improvvisamente vedere pascoli verdi, alberi di sughero e il cielo azzurro. Azzurro, come non lo vedevamo, non ricordo nemmeno da quando. Perché in pianura anche quando c’è sereno, il cielo, fateci caso, non è mai azzurro, ha sempre toni sul grigio, biancastro. Nemmeno il cielo ha colore. Durante il tragitto facciamo una sosta al bar, dopo 1 mese e mezzo di zona arancio non ci sembra vero di bere un cappuccino e divorarci una brioche seduti ai tavoli dell’autogrill. Come cambiano le percezioni di normalità, quando ti cambia il mondo intorno. Ci incamminiamo di nuovo ed arriviamo ad Alghero, Nicola, che è l’uomo delle mille passioni ha deciso che quest’anno provvederà alla nostra cena andando a pesca, quindi si fionda in un negozietto di pesca a prendere delle esche vive da portare con noi nella nostra avventura. Prima di raggiungere la spiaggia di Porto Ferro dove avremmo passato il pomeriggio, veniamo fermati da un pastore sardo che vende formaggi car by car e ci appioppa una bella forma di pecorino da 1,7 kg. Ottimo, mi ci voleva proprio per completare il piatto del pranzo: culurgionis (tipica pasta sarda) con sugo al pomodoro e grattugiata di formaggio pecorino come se piovesse. Arriviamo al parcheggio e corro subito in spiaggia a vedere il mare. La baia di Porto Ferro mi si apre davanti agli occhi, il mare è calmo, e trasparente, vado subito a sentire la temperatura dell’acqua con le mani, fredda, ma non troppo, giusta per un bel giro in sup nel pomeriggio. Mi sono seduta sulle rocce e ho respirato a pieni polmoni l’aria e mi sono sentita presente, al posto giusto e al momento giusto. Il costante senso di incertezza e inconsistenza che sento nella casa di mattoni e nella quotidianità scompare appena monto sulla nostra casa su ruote. Pensandoci bene dovrebbe essere un controsenso eppure per la mia anima non lo è. Sul nostro Elvis mi sento presente, centrata, VIVA. Il mio animo gipsy sembra nutristi della libertà che respiro quando cavachiamo le strade (ridin’roads), del contatto con il mare, con i venti, con la sabbia, la terra con gli elementi. Elvis poi mi fa sentire protetta, in un abbraccio, ho tutto ciò di cui ho bisogno: bagno, cucina e piccola camera da letto con 2 finestre che ogni mattina mi permettono di vedere l’alba. E poi, ormai lo sapete, amo passare del tempo con il mio partner in crime, e il camper ci permette di vivere fianco a fianco ma anche di prenderci spazi quando lo desideriamo.

Nel pomeriggio ho convinto Nick ad andare a fare un giro in Sup, l’intenzione era quella di fare una “passeggiata” tra le calette nei dintorni di Porto Ferro, in realtà ci siamo fermati al di sotto della rocca dove si sviluppavano delle ondine di 20/30 cm e ci siamo divertiti per ore e ore a cavalcare queste mini onde. Il clima era piacevolissimo, primavera inoltrata  e il sole era caldo. Credo di essere stata più in acqua che sulla tavola tra cadute e tuffi, è stato un bellissimo benvenuto dall’isola. La sera ci siamo poi spostati a dormire in una zona più appartata, sempre vista mare. La luna si specchiava nel mare e il rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia erano la ninna nanna per la nostra prima notte in camper dopo tanto.

Il giorno dopo abbiamo deciso di spostarci a sud, il nostro piano era quello di arrivare a Chia, sistemarci in un area camper e di passare i giorni arancio e rossi all’interno dell’area sosta così da evitare problemi di multe o contestazioni. Le condizioni del mare promettevano bene, sarebbe stato dalla nostra parte e avremmo potuto surfare per molti giorni. Siamo scesi per la strada costiera che arriva a Bosa che offre sempre dei bellissimi panorami sulle coste frastagliate dell’algherese, sosta a Bosa per un caffè vista mare e siamo ripartiti direzione S’Archittu. S’Archittu è un meraviglioso borghetto nella costa centro occidentale, noto per la roccia di origine calcarea che forma un arco ed impreziosisce le spiaggette del borgo. Abbiamo trovato con difficoltà un posticino per posteggiarci, ma quando ci siamo parcheggiati ci sembrava di vivere in un sogno: parcheggio piccolissimo, su una lingua di terra che univa la terra ferma a un piccolo promontorio. Nick ha voluto subito buttare la canna in acqua per tentare di pescare la cena (per fortuna avevamo il frigorifero pieno di deliziosi manicaretti) io invece ho preferito rilassarmi cullata dal rumore del mare. L’intenzione era quella di andare a fare il giro intorno all’arco di pietra ma purtroppo Nick non aveva tanta voglia e io da sola, non mi fidavo. Il fondale della baia era tappezzato da ricci e non avevo voglia di passare le sera a togliere spine nella malaugurata evenienza che fossi caduta in acqua. Mi sono seduta su una roccia e ho contemplato il tramonto, ho guardato il sole che andava lentamente a spegnersi nel mare, un altro giorno era finito e non avevo niente da rimpiangere. Ero grata di tutte le cose che questa giornata mi aveva offerto. E di quello che stava per venire. La sera abbiamo cenato (non grazie al pesce che ha procurato Nick) con la vista del piccolo borgo illuminato che si rifretteva nel mare.

#blessed

Seguirà nuovo episodio del blog ⟶⟶⟶⟶

Il video della nostra avventura: https://youtu.be/94NTD9FrBlw

4° parte – Nebbia

“Quand’è che siamo arrivati in Scozia?”

Dopo il uovagate ci siamo risvegliati avvolti da una coltre di nebbia, umido e freddo, tipico clima cantabro che non mi mancava affatto. Nick ha approfittato di onde umane per fare l’immancabile session del mattino, io la mattina con un clima così faccio fatica ad andare in acqua… Anche se so che è solo una cosa mentale, in realtà l’acqua rispetto alla temperatura esterna è calda ed è super piacevole, mi sono tuffata in Sardegna a dicembre con temperature dell’acqua ben peggiori. Ma tuffarmi con la nebbia non ce la faccio, mi ricorda Mantova, il brutto tempo, il freddo, l’inverno…. rabbrividisco! Vado nel mio posto riservato per le foto, sul cucuzzolo di una collinetta che domina il mare, e tento di fare le foto ai surfer, ma non si vede niente. Troppa nebbia. Decido quindi di farmi una passeggiata sulla spiaggia, e sono rimasta affascinata dagli effetti della bassa marea quando il mare si ritira: piccole pozzanghere di acqua salata, fiumiciattoli che riportano l’acqua al mare e vere e proprie piscine naturali dove potersi immergere, facendo il bagno con i piccoli pesci che rimangono ad aspettare che il mare li venga a riprendere. Alghe che vivono metà del loro tempo sotto l’acqua e l’altra metà in superficie. Il fenomeno delle maree da queste parti è veramente accentuato con escursioni di -1.5 mt circa con bassa marea e +1.5mt circa con alta marea. Quindi anche la spiaggia cambia veramente tanto tra un passaggio e l’altro. Divertente quando lasci l’asciugamano in un punto e torni dopo 2 ore e te lo trovi così distante da te che ti chiedi che fine abbia fatto. E no, l’asciugamano non ha le gambe, è solo il mare che si è ritirato. Alla fine quando la nebbia alle 11 circa ha iniziato a diradarsi sono riuscita a scattare due foto al mio surfer preferito.

Ci siamo spostati a Somo nel pomeriggio e al tramonto sono entrata a fare surf anche io, controvoglissima perchè avevo freddo e non avevo assolutamente voglia di bagnarmi i capelli. Sono un diesel, ho bisogno di scaldarmi prima di carburare, quindi la prima mezzora ho fatto la boa poi ho iniziato a prendere confidenza e sono partita. Alla fine, sono sempre quella “aspetto l’ultima e poi salgo!”  e l’ultima per una ragione o per l’altra non arriva mai. Abbiamo deciso di farci un cheat meal per recuperare le calorie bruciate e siamo andati a mangiare un hamburger all’Iron, un hamburgeria che ricorda un po’ i tipici fast food degli anni 50, però a tema surf. Hamburger con cotoletta di pollo per me, doppio hamburger con salsa barbeque per Nick e credo un kg di patatine fritte. In realtà per bruciare le calorie di una cena così serve almeno una settimana di surf, interrotto! Dopo la cena ci siamo fiondati con il nostro surfskate comprato a Capbreton nello skatepark per imparare ad usarlo un po’. E’ stata una bella serata. Una di quelle che passi veramente spensierata, senza pensare a niente, in pace con il mondo e con te stessa.  A volte basta veramente poco, un ottima compagnia, una notte stellata, uno skate.

Scrivere questo capitolo del blog mi sta mettendo un po’ in difficoltà. Da qui in poi,fino al rientro è stato un girare tra Somo e Liencres. Per Nick due sessioni  di surf al giorno (mattina e sera) per me a seconda dei giorni. Insomma niente di fantasmagorico, niente di incredibile, niente di eclatante. Solo noi, le nostre giornate passate tra un bagno e una camminata e una capatina al supermercato a fare spesa. Cose che vi possono interessare? Non lo so. Mi chiedo se mi sottovaluto io, se sottovaluto la nostra strana (per alcuni) concezione di vita: quella per cui vale la pena prendere su il camper ogni qualvolta il mondo ce lo consente e scappare da una società che poco ha a che fare con i nostri ideali. Ma non voglio nemmeno sopravvalutarlo, nel senso che non voglio essere quella che passa per una esaltata perché scrive per piacere personale le sue piccole avventure. Cerco di farmi capire meglio, facendo un esempio concreto. Oggi siamo bombardati sui social da immagini sempre perfette, visi perfetti, fisici perfetti, vite perfette. Parlando di van life: basta aprire instagram e scrivere un ashtag qualsiasi che si aprono foto di una bellezza impressionante, furgoni vista via lattea, risvegli bevendo un caffè vista mare su una scogliera isolati dal mondo (con un VW Westfalia super stiloso e completamente rifatto), dronate pazzesce su foreste incantate.  Parlando di active lifestyle poi, la concorrenza è spietata, e ti ritrovi in profili che fanno veramente cose incredibili: salti da scogliere pazzesche, discese in bici da perdere il fiato solo a guardarle, surf nei posti più incredibili del mondo. Io cos’ho da offrire a chi mi legge? Alla fine si tratta della nostra quotidianità senza sensazionalismi e senza infighettamenti. Siamo io, Nick e il nostro Elvis che ha un bellissimo oblo panoramico, un bagno spaziosissimo, due finestre sulla camera da letto, che è super accogliente e che per me è casa. Ma non regge il confronto con un VW T1 infighettato. Io e Nick amiamo girare in camper ma a parte due o tre posti fighissimi dove ci siamo fermati a dormire, il resto erano parcheggi normalissimi in mezzo ad altri normalissimi camper. Ci piace stare in mezzo alla natura, vivere avventure, ma personalmente la scogliera più alta dalla quale mi sono buttata sarà stata 8 mt e stavo facendo un canyoning guidato… Nick sicuramente dal punto di vista “sport addicted” è sicuramente più portato di me che sono da sempre considerata una scansafatiche. 

Forse dovrei semplicemente spegnere i social e smettere di fare paragoni. Perché alla fine quello che conta siamo noi, la nostra vita, il nostro modo di vivere, le nostre scelte. Non è giusto offuscare la propria felicità solamente perché non ci si sente abbastanza rispetto ad altri.

Di certo questo blog fa bene a me. Scrivendolo mi rendo conto di quanto vorrei essere libera da tutto e mi ritrovo prigioniera di pregiudizi, di programmi, di aspettative e di confronti.

Chi è la ragazza del surfista?

Mi chiamo Alice, ho deciso di seguire il coniglio bianco ed entrare nel mondo delle meraviglie.

Io, ragazza tranquilla, piena di ansie e di paure mi sono lasciata affascinare da un selvaggio surfista, che mi ha fatto scoprire una vita wild & free.

Amiamo viaggiare sul nostro camper, Elvis, scoprendo posti nuovi guidati dal vento e dalle onde, d’estate ma soprattutto d’inverno, quando le spiagge sono deserte e la sabbia è ancora fredda e quando il nostro mare regala mareggiate.

Sogniamo di vivere una vita colorata, spettinata e a contatto con la natura!

Seguici nelle nostre avventure!

Scoprendo Santorini

Mi sono imbarcata su Costa Fascinosa un giorno che pioveva a dirotto e c’era freddo. D’altronde erano gli inizi di ottobre, l’autunno era già iniziato. Io sono partita nella speranza di trovare nelle isole greche un po’ di estate. Partenza da Venezia puntuali, attraversando il canale della Giudecca, ci troviamo di fronte lo spettacolo di Piazza San Marco. Ci sentiamo addirittura delle celebrità, le centinaia di turisti in piazza scattano foto di questo gigante enorme che solca un canale così piccolo. Dopo questo spettacolo,il viaggio appena iniziato prosegue. Prima sosta Bari poi Katakolon poi finalmente la meta, per me, più attesa: SANTORINI.

La barca attracca in rada e i tender fanno avanti e indietro per scaricare sull’isola orde di turisti. Siamo tra i primi a scendere e arrivati al porto, cerchiamo subito funivia che ci porterà in centro… Ci sono altre due soluzioni per salire a Fira: 45 min di camminata su una mulattiera oppure sulla stessa mulattiera a dorso di un asinello. Ma purtroppo con le crociere bisogna velocizzare le tempistiche, le ore a disposizione sono sempre limitate quindi, per chi non vuole affidarsi a visite/escursioni guidate deve assolutamente programmare tutto al minimo secondo! Il mio programma è quello di affittare uno scooter a Fira e partire alla scoperta di Oia ,prima che arrivino le corrierate di turisti, e per finire bagno a Kamari in una delle affascinanti spiagge nere di Santorini. Lo scooter è stato trovato senza alcuna difficoltà, quindi si parte, la strada è libera… ma in alcuni tratti di salita ripida il nostro mezzo di trasporto fa fatica a salire…Avevo quasi paura di dovermi fare a piedi quei tratti! Quando arriviamo a Oia iniziamo a camminare per le sue vie, il paese è un gioiellino, la vista sulla Caldera è mozzafiato… La più chic dei paesini a Santorini. Hotel di lusso, design , piscine a picco sul mare ed esclusivi resort fanno di Oia una destinazione per chi non ha problemi di budget. Le ore del giorno migliori per visitarla senza problemi di traffico pedonale sono sicuramente quelle della mattina. La sera, al tramonto, le viuzze si riempiono di turisti alla ricerca del tramonto perfetto… E Santorini difficilmente delude le aspettative!

Ma che cos’è la caldera di Santorini? Un eruzione vulcanica 10mila anni fa ha affondato gran parte dell’isola. Quello che rimane è questo piccolo isolotto e altri isolotti più piccoli: Thitasia, Palea Kameni e Nea Kameni. Dove si trovano tracce di vulcano attivo: fumarole, zolfo e sorgenti marine di acqua calda.

Altre paesini da visitare: FIRA, io purtroppo non ho avuto il piacere di conoscerla molto bene. E’ la capitale di Santorini, il centro nevralgico. Qui si trovano negozi di marca, negozietti con souvenir kitch, taverne chiassose, bar, ristoranti e agenzie turistiche che propongono tour ed escursioni. FIROSTEFANI e IMEROVIGLI hanno anche loro una vista mozzafiato sulla caldera ma rispetto a Oia e a Fira i prezzi per soggiornare sono inferiori. PERISSA e KAMARI invece sono meno turistiche, hanno alloggi anche più economici, sono direttamente sulla spiaggia. Per chi è appassionato di storia AKROTIRI èil più importante sito archeologico dell’Egeo.

Dopo essere stata ad Oia ed aver scattato foto per un calendario da 365 pagine e volendo anche vedere un po’ il mare di Santorini mi dirigo verso Kamari, un paesino conosciuto tra i back packer che ha una lunga spiaggia di sabbia nera. Santorini non è al destinazione per chi cerca mare caraibico e spiagge di sabbia bianca, in realtà il mare è limpidissimo e trasparente ma i colori non risaltano a causa della spiaggia di origine vulcanica. Ne risulta un blu scuro e profondo che da ancora più fascino all’isola.

Altre spiagge da scoprire: PERISSA, 8 km di spiaggia nera attrezzata, ottima per famiglie con bimbi, persone che amano fare lunghe passeggiate, la spiaggia è spesso ventosa quindi adatta per WINDSURF e KITE SURF; RED BEACH, è una spiaggia di sabbia rossastra delimitata da scogliere anche loro rossastre; PERIVOLOS è la continuazione di Perissa, la sabbia è leggermente più chiara; VLYCHADA la sabbia è nera attorniata da scogliere di tufo; CAPO COLOMBO delimitata da scogliera grigia, spiaggia di sabbia e ciotoli, è una delle più tranquille; MONOLITHOS spiaggia di sabbia nera.

L’isola quindi si può visitare in un giorno per chi utilizza una nave da crociera come mezzo di trasporto oppure in una settimana se si vuole volare da Verona, Bologna, Bergamo o Milano (volo diretto). I periodi migliori, anche per evitare i mesi più battuti turisticamente, sono maggio/giugno/settembre e ottobre. Vi assicuro che a ottobre il bagno è assicurato. Per chi ha una settimana di vacanza, può anche scegliere di passare qualche giorno sull’isola di Santorini e di spostarsi per qualche altro giorno su qualche altra isola vicina: Ios, Folegandros, Amorgos e Milos.

Vita standard

L’ultima volta che ho preso un volo è stato a settembre e mi sembra passata un eternità. Sento la necessità, il bisogno di partire, di andare via, di cambiare aria. E pensare che volare è la cosa che odio di più al mondo! I miei compagni di viaggio possono testimoniare il mio terrore dell’aereo. Passo dalla trepidazione di aver acquistato il volo e quindi al desiderio di partire all’ansia e terrore che possa succedere qualsiasi cosa in aereo. E’ un mix che, però, non mi dispiace! Agitazione di partire e ansia di arrivare. La sensazione più bella è il momento appena dopo l’atterraggio (si, quella dove parte l’applauso per il comandande che ci ha portati sani e salvi a destinazione) quando sai di essere arrivato a destinazione e da quel momento la mente impegnata con i problemi di tutti i giorni si spegni e inizi a vivere il viaggio. Quando si aprono i portelloni e respiri finalmente l’aria del posto in cui sei arrivato, i sensi si attivano dopo tanto tempo passato nella pianura padana grigia e puzzolente. I colori, i palazzi, la lingua diversa tutto è eccitante e stimolante! Si dovrebbe vivere in viaggio, i giorni non sarebbero scanditi da minuti/ore/secondi, un giorno uguale all’altro. Il tempo si misurerebbe in avventure e esperienze vissute, in nuove scoperte. Si vivrebbe solo con la voglia di vedere e scoprire quanto piùpossibile e di ricevere dal mondo tutta l’energia che ti può dare.

La routine ti ammazza lentamente. Ne sono certa. Sveglia tutte le mattine la stessa ora, colazione, bagno, lavoro, pausa pranzo, lavoro, casa, divano, cena, divano, tv, letto. E di nuovo. Le giornate ci scivolano via senza accorgecene, sabbia tra le mani. Sabbia che non si potrà riprendere una volta volata via. Mi viene in mente una frase che sento ripetere spesso dalla parrucchiera ma che mi è sempre rimasta in presso quando magari ero bimba e sentivo da signori più meno anziani “dai 30 anni in poi la vita scorre via che non te ne accorgi nemmeno, un giorno ti svegli e sei vecchio”. Il perchè, forse, l’ho capito proprio ora, scrivendo questo blog. Questa frase l’ho sentita sempre da persone che passano una vita standard. La vita standard è quella che viviamo tutti, imposta da non si sa chi, accettata perchè giusta a priori. La vita standard è studiare, lavorare, all’età di 30/35 anni fare figli, avere casa con cane e giardino e continuare a lavorare e spaccarti la schiena per poterti permettere la casa, il giardino e i figli. Lavorare per permettere ai figli di entrare nella vita standard, cercando di non far mai mancare nulla di materiale (cellulare ultima generazione, vestiti ultima moda, le ultime scarpe da calcio). I valori quelli che non si toccano che non sono fatti di mattoni, carta, plastica, quelli non valgono più. A volte addirittura si insegna che a fare i furbi si “guadagna” di più: un bimbo che gioca a calcio e a cui viene insegnato di cadere a terra se un giocatore avversario lo tocca. Viene insegnato che mancare di rispetto va bene: la maestra mette in punizione un bimbo che ha fatto una cosa sbagliata e i genitori insorgono contro la maestra.

Purtroppo entrare nel meccanismo della vita standard è semplice, ci si entra appena si viene al mondo. Io stessa ero da vita standard, ero la perfetta vita standard. Ora sto cercando di resettare la mia vita e, piano piano uscire da questo meccanismo. Il complicato di questo processo? Ti senti quasi sbagliato nei confronti degli altri, senti che pensi cose che la maggior parte di persone o non pensa o è riuscita a mettere il silenzioso a questi pensieri. Sentirsi giudicato, diverso, visto come strano o peggio come uno che non vuole fare niente nella vita che non ha obiettivi, non ha futuro.

Io, invece, un obiettivo ce l’ho: tempo scandito da emozioni, esperienze e non dall’orologio tiranno.

cof

Pane carasau e vento

La traversata è stata tranquilla. Ci siamo imbarcati per primi e abbiamo potuto prendere gli unici divanetti presenti sulla nave, nella zona bimbi. Ci siamo accampati come meglio potevamo e appena la nave è partita siamo piombati tutti e due in un sonno profondo! La narcolessia da viaggio… Peccato che non mi colpisca in aereo!La mattina, dopo varie peripezie per trovare il ponte garage dove era stato parcheggiato il nostro Elvis, ci dirigiamo verso Valledoria, più precisamente alla Ciaccia. Una spiaggia splendida, dove, se soffia il vento giusto si fanno delle ottime uscite in windsurf. Abbiamo incontrato altri due camperisti/windsurfisti, che ancora non sapevamo ma ci avrebbero fatto compagnia praticamente per tutto il viaggio.

Un’altra delle meravigliose scoperte del viaggiare: gli incontri. Ogni volta che si viaggia si incontrano persone interessanti, ognuna ha la sua storia da raccontare. Quello che le prime volte mi ha lasciato un po’ di stucco, io che per lavoro dovevo rispettare gli ordini gerarchici di pazienti e dottori, è che il viaggiatore non è avvocato, dottore, commercialista, chirurgo, operaio, casalinga. Il viaggiatore è viaggiatore. Non ci sono Lei, Voi, inchini, referenze, ma solo una gran voglia di condividere e vivere momenti che la vita ci regala.

Alla Ciaccia arriviamo che c’è una leggera brezza, sole e quasi caldo. Mentre aspettiamo che inizi a soffiare il vento andiamo a procacciare un po’ di cibo per la serata, alla fine è la Vigilia di Natale anche se siamo senza giubbino! Mentre Nic è finalmente entrato con il windsurf in acqua, io come il solito non lo perdo di vista e mi vado a fare una passeggiata a piedi nudi sulla sabbia. Uno dei tanti momenti che rimarranno nel mio cuore per sempre. Io, a dicembre, con i piedi nel mare cristallino della Sardegna con il vento che mi solletica il viso. Click, foto ricordo impressa nella mia mente.

Così com’è arrivato, il vento cala e siamo pronti a ripartire alla scoperta dell’assolata, deserta e selvaggia Sardegna. Partiamo con il tramonto e arriviamo a Stintino che è già buio, cenetta di pesce.

I miei mi mandano le foto dei regali, della tavola apparecchiata a festa, delle leccornie preparate dal mio papà ma io sono felice così. Mangiando spaghetti con sugo 4 salti in padella nei piatti di plastica con il mio compagno di avventure.

Il mattino dopo, Nic si sveglia di buon ora per controllare se ci sia già vento e che le condizioni siano buone, inoltre deve cercare lo spot giusto. La sera quando siamo arrivati ci siamo sistemati in un parcheggio con altri 3 camper e zero illuminazione. Mi stiracchio un po’ nel letto e poi decido di aprire le tendine per far entrare la luce. E scopro che siamo parcheggiati esattamente di fronte alla famosa Rocca della Pelosa. Cose che possono capitare solo se viaggi fuori stagione.

Dopo un uscita tranquilla in windsurf per Nic e una corsa di 6km per me è arrivato il momento di ripartire. Destinazione: Alghero. Per la precisione ci spostiamo a Porto Ferro, inseguiamo le onde!

Porto Ferro è un gioiellino di spiaggia con un tabulato di rocce nel punto in cui si fa surf quindi per evitare di ammazzarmi io decido che è meglio stare fuori dall’acqua e godermi lo spettacolo.

Videochiamata con i miei, sono le 15 io sono in spiaggia senza scarpe e loro ancora con le gambe sotto la tavola… Non li invidio.

Alla sera, dato che non ci sono previsioni di onde e vento, decidiamo di tornare nella civiltà e vivere un po’ la città di Alghero. Una città gioiellino sul mare, dove sembra di essere quasi in Spagna. Infatti la città è stata sotto dominio spagnolo per diversi secoli. La cosa è così radicata che si trovano ancora scritte in catalano per le stradine e quando si passeggia nei vicoli sembra di essere catapultati a Barcellona. Abbiamo passato diversi giorni ad Alghero scoprendo le scogliere di Capo Caccia, la strada panoramica per Bosa, Bosa (paesino coloratissimo che si trova spostandosi verso Oristano) e dedicandoci al nostro sport preferito: crossfit. Ringrazio i ragazzi di Cf Jailbreak Alghero che ci hanno accolto come amici. Il bello del crossfit è che puoi girare il mondo e ti ritroverai sempre in un box con persone che hanno voglia di spaccare il mondo e che sono sempre pronte a spronarti e a fare il tifo per te.

Arriva presto l’ultimo dell’anno e decidiamo di salutare la nostra Alghero e di dirigerci verso la costa Smeralda. Siamo stati per troppo tempo in mezzo alla civiltà. Nic deve assolutamente buttarsi in acqua con il windsurf o il surf perché sta iniziando a svalvolare. Le fidanzate/morose dei surfisti sanno di cosa sto parlando. Troppo tempo asciutti e vanno in decadimento psico- fisico.

Sosta a Porto Pollo per un uscita in windsurf e poi fuga a Rena Majore per una session di surf. Questa volta entro anche io, purtroppo la tavola che avevo ( da esperti) non mi ha permesso di fare grandi evoluzioni. Sono un po’ brocca, ma prima o poi arriverà il momento in cui riuscirò a fare più di un uscita all’anno con il surf! Entrare in acqua il 31 dicembre è stato impagabile e la prima ondata in faccia è stata gelida e pungente. Ci ho fatto però subito l’abitudine. Eravamo in 3 in acqua: io, Nic e la signora incontrata alla Ciaccia. Signora spettacolare! Età 55/60 anni, potrebbe essere mia madre ma ha lo spirito libero di una teenager. Legge libri in inglese, gira il mondo e ha surfato negli spot più famosi, é inarrestabile e instancabile. Una vera forza della natura!

Dopo lo spettacolo dell’ultimo tramonto dell’anno ci siamo rifugiati nel camper. 31 dicembre 2018 h 19:00 avevamo già cenato (non ricordo più nemmeno con cosa), bevuto e alle 23 eravamo già a letto a dormire. Bella la vita da camperista in libera, zero TV, zero wifi, zero luci perché “non abbiamo più batteria!!!!! “, mi sembra di sentire urlare Nic.

Primo gennaio 2019 decidiamo di fare un ultimo giro a Porto Pollo prima di rimbarcarci sul traghetto e tornare a casa. Impegni lavorativi e non, ci costringono a lasciare questa bellissima isola.

Un giro sulla spiaggia, un saluto agli amici conosciuti in viaggio, attendiamo che l’ultimo raggio di sole tramonti e ripartiamo per tornare a Olbia e poi a Livorno.

La nostra prima vacanza con Elvis, la nostra prima vacanza in libera, la prima spero di una lunga serie.

La Sardegna è un isola fantastica, fuori dal turismo di massa e dai mesi estivi, è un gioiello tutto da scoprire. Peccato che tutti i posti visitabili (musei, castelli, grotte) siano chiusi durante il periodo invernale. La Sardegna è un isola da fare vivere 365 giorni l’anno.

E un altra cosa per gli amici camperisti, scordatevi aree di carico/scarico aperte. Quindi prendetevi su taniche di acqua a volontà e seconda scatola per wc chimico!