Dopo il uovagate ci siamo risvegliati avvolti da una coltre di nebbia, umido e freddo, tipico clima cantabro che non mi mancava affatto. Nick ha approfittato di onde umane per fare l’immancabile session del mattino, io la mattina con un clima così faccio fatica ad andare in acqua… Anche se so che è solo una cosa mentale, in realtà l’acqua rispetto alla temperatura esterna è calda ed è super piacevole, mi sono tuffata in Sardegna a dicembre con temperature dell’acqua ben peggiori. Ma tuffarmi con la nebbia non ce la faccio, mi ricorda Mantova, il brutto tempo, il freddo, l’inverno…. rabbrividisco! Vado nel mio posto riservato per le foto, sul cucuzzolo di una collinetta che domina il mare, e tento di fare le foto ai surfer, ma non si vede niente. Troppa nebbia. Decido quindi di farmi una passeggiata sulla spiaggia, e sono rimasta affascinata dagli effetti della bassa marea quando il mare si ritira: piccole pozzanghere di acqua salata, fiumiciattoli che riportano l’acqua al mare e vere e proprie piscine naturali dove potersi immergere, facendo il bagno con i piccoli pesci che rimangono ad aspettare che il mare li venga a riprendere. Alghe che vivono metà del loro tempo sotto l’acqua e l’altra metà in superficie. Il fenomeno delle maree da queste parti è veramente accentuato con escursioni di -1.5 mt circa con bassa marea e +1.5mt circa con alta marea. Quindi anche la spiaggia cambia veramente tanto tra un passaggio e l’altro. Divertente quando lasci l’asciugamano in un punto e torni dopo 2 ore e te lo trovi così distante da te che ti chiedi che fine abbia fatto. E no, l’asciugamano non ha le gambe, è solo il mare che si è ritirato. Alla fine quando la nebbia alle 11 circa ha iniziato a diradarsi sono riuscita a scattare due foto al mio surfer preferito.
Ci siamo spostati a Somo nel pomeriggio e al tramonto sono entrata a fare surf anche io, controvoglissima perchè avevo freddo e non avevo assolutamente voglia di bagnarmi i capelli. Sono un diesel, ho bisogno di scaldarmi prima di carburare, quindi la prima mezzora ho fatto la boa poi ho iniziato a prendere confidenza e sono partita. Alla fine, sono sempre quella “aspetto l’ultima e poi salgo!” e l’ultima per una ragione o per l’altra non arriva mai. Abbiamo deciso di farci un cheat meal per recuperare le calorie bruciate e siamo andati a mangiare un hamburger all’Iron, un hamburgeria che ricorda un po’ i tipici fast food degli anni 50, però a tema surf. Hamburger con cotoletta di pollo per me, doppio hamburger con salsa barbeque per Nick e credo un kg di patatine fritte. In realtà per bruciare le calorie di una cena così serve almeno una settimana di surf, interrotto! Dopo la cena ci siamo fiondati con il nostro surfskate comprato a Capbreton nello skatepark per imparare ad usarlo un po’. E’ stata una bella serata. Una di quelle che passi veramente spensierata, senza pensare a niente, in pace con il mondo e con te stessa. A volte basta veramente poco, un ottima compagnia, una notte stellata, uno skate.
Scrivere questo capitolo del blog mi sta mettendo un po’ in difficoltà. Da qui in poi,fino al rientro è stato un girare tra Somo e Liencres. Per Nick due sessioni di surf al giorno (mattina e sera) per me a seconda dei giorni. Insomma niente di fantasmagorico, niente di incredibile, niente di eclatante. Solo noi, le nostre giornate passate tra un bagno e una camminata e una capatina al supermercato a fare spesa. Cose che vi possono interessare? Non lo so. Mi chiedo se mi sottovaluto io, se sottovaluto la nostra strana (per alcuni) concezione di vita: quella per cui vale la pena prendere su il camper ogni qualvolta il mondo ce lo consente e scappare da una società che poco ha a che fare con i nostri ideali. Ma non voglio nemmeno sopravvalutarlo, nel senso che non voglio essere quella che passa per una esaltata perché scrive per piacere personale le sue piccole avventure. Cerco di farmi capire meglio, facendo un esempio concreto. Oggi siamo bombardati sui social da immagini sempre perfette, visi perfetti, fisici perfetti, vite perfette. Parlando di van life: basta aprire instagram e scrivere un ashtag qualsiasi che si aprono foto di una bellezza impressionante, furgoni vista via lattea, risvegli bevendo un caffè vista mare su una scogliera isolati dal mondo (con un VW Westfalia super stiloso e completamente rifatto), dronate pazzesce su foreste incantate. Parlando di active lifestyle poi, la concorrenza è spietata, e ti ritrovi in profili che fanno veramente cose incredibili: salti da scogliere pazzesche, discese in bici da perdere il fiato solo a guardarle, surf nei posti più incredibili del mondo. Io cos’ho da offrire a chi mi legge? Alla fine si tratta della nostra quotidianità senza sensazionalismi e senza infighettamenti. Siamo io, Nick e il nostro Elvis che ha un bellissimo oblo panoramico, un bagno spaziosissimo, due finestre sulla camera da letto, che è super accogliente e che per me è casa. Ma non regge il confronto con un VW T1 infighettato. Io e Nick amiamo girare in camper ma a parte due o tre posti fighissimi dove ci siamo fermati a dormire, il resto erano parcheggi normalissimi in mezzo ad altri normalissimi camper. Ci piace stare in mezzo alla natura, vivere avventure, ma personalmente la scogliera più alta dalla quale mi sono buttata sarà stata 8 mt e stavo facendo un canyoning guidato… Nick sicuramente dal punto di vista “sport addicted” è sicuramente più portato di me che sono da sempre considerata una scansafatiche.
Forse dovrei semplicemente spegnere i social e smettere di fare paragoni. Perché alla fine quello che conta siamo noi, la nostra vita, il nostro modo di vivere, le nostre scelte. Non è giusto offuscare la propria felicità solamente perché non ci si sente abbastanza rispetto ad altri.
Di certo questo blog fa bene a me. Scrivendolo mi rendo conto di quanto vorrei essere libera da tutto e mi ritrovo prigioniera di pregiudizi, di programmi, di aspettative e di confronti.
Abbiamo deciso di non andare in Galizia ma questo non vuol dire che non possiamo spostarci da qui per trovare altri spot. Soprattutto quando c’è una grossa mareggiata in arrivo e lo swell (direzione dell’onda) non è proprio giusto per Liencres. Ci spostiamo a San Vincente de la Barquera, a circa 50 km a Ovest da dove eravamo posizionati con il camper. Eravamo già stati l’anno scorso per lo stesso motivo, mareggiata impegnativa e unico spot surfabile era “Sanvi”. L’anno scorso però eravamo rimasti solo il tempo di una surfata.
Incrociando il cammino di Santiago
Parking “Los llaos” a San Vincente
Arriviamo al mattino abbastanza presto, sulla strada incontriamo nebbia e campi a perdita d’occhio. Parcheggiamo in una area sosta, che più che area sosta è un campo adibito a pascolo, adibito a parcheggio con zona di carico e scarico e giusto, credo, 2 bagni e due docce. Una cosa un po’ raffazzonata ma veramente carina. Siamo arrivati che c’era ancora la rugiada sull’erba, le mucche e le pecore nei campi vicini che ci guardavano. Ci siamo sistemati e siamo andati in spiaggia fiduciosi che le condizioni del mare fossero buone. L’unica nota negativa di questa bellissima area sosta/parcheggio/fattoria è la lontananza dal punto in cui si trovano le onde migliori, ovvero vicino al molo con il faro verde. Ma va benissimo come riscaldamento! Io carichissima per la session di surf mi sono smontata in due secondi, quando ho iniziato a vedere i surfisti veri avere la cresta dell’onda sopra la testa… Per evitare di bagnare la muta ho deciso di starmene sulla battigia e di non provare nemmeno ad entrare. Sono rimasta un ora e mezza a sgolosare le onde, segnando l’aumento della marea spostando la mia tavola. Il momento in cui il mare calava e io entravo non è arrivato. Me ne torno al camper con le pive nel sacco. Il pomeriggio passa lento tra un sonnellino pomeridiano e una battuta di pesca finita miseramente. Nick si rifà della pesca andata a male con un’altra session di surf. Io non faccio nemmeno lo sforzo di camminare alla spiaggia, preferisco stare sotto la veranda a leggere un libro e a farmi una session di yoga e meditazione. Un oretta e mezza dedicata a me era quello che ci voleva.
Carico/scarico vista pascoli
Parte della spiaggia di San Vincente de la Barquera
La nostra casa
La vista dalla spiaggia del centro di San Vincente
È lunedì e nell’area sosta non c’è più nessuno. Siamo rimasti in 5 camper e 2 o 3 van, in uno campo che contiene minimo 100 camper, uno spettacolo. Ci siamo svegliati con l’alba ( che in spagna è verso le 8) e guardando fuori vediamo solo la nebbiolina del mattino e le mucche al pascolo, ma come si fa ad abbandonare questo angolo di paradiso? Ma today is my day, me lo sento… Oggi si surfa! Quindi mi metto la muta, paraffina sulla tavola e 1 km a piedi per arrivare allo spot, Nick durante la piacevole passeggiata con tavola sottobraccio mi avvisa “guarda che sono grandi anche oggi!”
… … … (momento di silenzio e di riflessione) Io non capisco perché ogni volta mi deve avvisare che le onde sono grosse e impegnative, piuttosto preferisco il silenzio, un religioso silenzio che già dice tutto. D’altronde noi donne capiamo anche i silenzi e poi, che sono grandi me ne accorgo anche io. Fossi una ragazza che rischia, impulsiva e senza paura allora magari le parole potrebbero fare la differenza. Ma io sono la persona più fifona e cagasotto del mondo, fai senza farmi venire ulteriori ripensamenti. A volte penso che sia tutta una trovata per non farmi entrare in acqua, così lui si diverte, prende le onde e non si deve preoccupare della piccola otaria parcheggiata sulla line up. Ma arriverà il giorno in cui ti ruberò tutte le onde e questa me la pagherai.
Questa volta però non posso fare come ieri, non posso prepararmi, spararmi passeggiata con tavola sottobraccio e non bagnarmi neanche. Entro, sono visibilmente qualche millimetro in meno di ieri. L’ho già detto, quando sei fuori e le guardi sembrano sempre più piccole di quello che sembrano, in realtà quando entri e devi affrontarle, cambia nettamente il punto di vista. Alla fine quando sei in acqua che pagai sulla tavola le vedi arrivare dal basso all’alto e fanno tutto un altro effetto. Mi faccio strada tra schiume, e corrente, prendo 4 bombe in testa che mi danno il buongiorno, un altro sforzo e… Arrivo sulla line up. Quando ho remato? Mi sembra di aver fatto 3 km, guardo la spiaggia e sarà forse a 300 metri. Comunque ora sono “al sicuro”, le onde sfilano sotto la mia tavola e io potrei stare qui a guardarela trasparenza e il colore del mare per un sacco. Un pesce addirittura salta tra la mia tavola e quella di Nick. “Wow” grida Nick “hai visto che figo, un pesce è saltato a pochissimo da noi, era grandissimo”, io con gli occhi del terrore mi immagino già che il pesce è saltato per salvarsi dal predatore che lo stava cacciando ed in automatico tiro fuori dall’acqua le gambe e controllo che non ci siano ombre strane sotto il pelo dell’acqua. Capite, la ragazza che non deve chiedere mai, ecco, non sono io. Eravamo rimasti al mio arrivo sulla line up e oltre a preoccuparmi del pesce che si è sentito per un attimo delfino, devo ovviamente riprendere fiato dallo sforzo fatto per risalire le onde, tenere d’occhio gli altri che mi sono vicini non devo essere d’impiccio in partenze/non devo rubare le onde/devo rispettare le precedenze/guardare dove rompe l’onda , vedere di non farmi spostare troppo dalla corrente (trovare sempre un punto di riferimento che posso vedere dalla spiaggia aiuta a capire se la corrente ti sta trascinando via o no), e per ultimo devo cercare di non farmi sputare fuori dall’oceano incazzato. In tutto questo ambaradan di cose a cui pensare, non so come ma riesco a prendere un onda, ma poi per la tensione e per paura invece che alzarmi in piedi finisco sulle ginocchia. Nooooooo… Avevo tutto sotto controllo eppure sta benedetta fifa di finire nella lavatrice dell’onda mi ha fatto sbagliare! Una partenza con il botto. Ho preso un onda, male e sono nel punto in cui si tutte le onde si infrangono, ora devo risalire e tornare dove ci sono gli altri. Cercando di non essere di impiccio agli altri che prendono l’onda, perché chi sta surfando ha la precedenza su quello che la sta risalendo. Quindi se sei in traettoria o ti sposti o rischi una tavola in testa. A ogni onda che mi viene addosso ripeto il mio motto del giorno “a cazzo duro” che è volgare ma rende l’idea. Sembra comunque che non sortisca alcun effetto. Anzi, arrivano 3 bombe che mi si rompono in testa, tento di non perdere posizione ma mi fanno indietreggiare di 2 metri. Mi sa che per oggi mi accontento, allenamento per la posizione sulla tavola e per la remata l’ho fatto, ora l’oceano mi sta gentilmente accompagnando alla porta. Grazie caro, è stato breve ma intenso. Sto sulla spiaggia a fissare per un po’ il mare abbatacchiata ma poi rispetto a ieri c’è più grinta e più convinzione e decido di rientrare, vedo infatti un signore che sta imparando la partenza tra le schiume e decido di andargli a fare compagnia. Di certo non è che impari tantissimo, anzi è un tornare indietro ma almeno sto ancora in acqua e di sicuro mi diverto di più che stare insieme a surfisti più esperti a fare la boa.
Dopo la session surfesca mattutina, abbiamo una cosa importantissima da fare, procacciarci il cibo… E visto che abbiamo appurato che la pesca a spinning qui non produce risultati decidiamo di andare in un supermercato a 1 km e mezzo dall’area camper, abbiamo borsa in tela grande, zaino capiente di modo da essere anche plastic free e non chiedere nemmeno una borsina. Google segnava negozio aperto dalle 10 alle 21, quando arriviamo davanti al supermercato ci rendiamo conto di quanto Google sbagli a volte. Apertura h 16:30. Abbiamo aspettato 1 ora facendo una passeggiata in spiaggia e nei dintorni del market. Un ora praticamente persa. Alle h 16:35 è ancora chiuso, vuol dire che per non si sa quale motivo il negozio oggi è chiuso. (Tra l’altro non un cartello sulla saracinesca che indicasse orari e giorni di apertura, uno deve andare a caso, se ha fortuna becca aperto). Gli altri market purtroppo sono distanti almeno 2 o 3 km per cui dobbiamo prendere assolutamente il camper per spostarci. L’unico paese turistico che ha 3 supermercatini in croce. Smontiamo l’accampamento e andiamo a cercare cibo. Nell’ora persa ad aspettare l’apertura del negozio abbiamo scoperto esserci un parcheggio immenso direttamente sulla spiaggia dove c’è lo spot di surf (Playa Meron), pieno di camper e furgoni decidiamo quindi di ritorno dalla spesa di fermarci lì e fare libera nel parcheggio. Dopo aver fatto spesa nel supermercato più schifoso di tutta Sanvi, andiamo verso il nuovo posto per la notte e passiamo di fianco al market carinissimo che avevamo trovato chiuso ed… è aperto. Maledetti orari spagnoli: noi apriamo 5 minuti prima dell’orario di apertura indicato, loro 15 dopo. Per un lombardo efficente questo è uno scompenso insormontabile. Nick va a farsi una surfata e io sto in relax in spiaggia, volevo fare yoga ma avevo troppa gente intorno per cui ho optato per una meditazione veloce. Finita la session di Nick, ci prepariamo per la doccia, sistemiamo per la cena e ci vengono a rompere le uova nel paniere, la guardia civil passa per tutti i van e i camper parcheggiati avvisando che qui non si può dormire. Benissimo, non ci mettiamo molto a decidere dove passare la notte. La nostra casa nella prateria ci aspetta! Domani il mare dovrebbe calare per dispiacere di Nick e per gioia mia, dita incrociate.
Playa Meron
Playa Meron
Sto entrando nella mentalità del surfista… il surf è sofferenza per dieci uscite e 1 di incredibile gioia. Oggi finalmente c’è stata una gioia! Ondine giuste, fatica giusta per arrivare alla line up, partenze non troppo veloci, non troppo affollamento in acqua, nessun pesce che si crede un delfino e il buonumore che si irradia per tutta la spiaggia. Già mi vedo, anche oggi pomeriggio a surfare ondine bellissime e super ordinate. Ma… Noi no, non riusciamo a stare fermi e dopo la session del mattino e un pranzetto con spaghetti alle vongole in camper (si, ci trattiamo bene) abbiamo deciso di spostarci a Liencres, si, il posto con le onde mangia uomini. Abbandoniamo Sanvi che stava iniziando a piacermi, il nostro “locus amoeno” che ci dava un senso di pace e di relax, forse perché ci teneva fuori dal caos della strada, della spiaggia e per questi pochi momenti ci siamo circondati di natura più che di persone. Stare a contatto con la natura penso che sia il regalo più bello che possiamo farci, guardare rapaci che volano liberi in cielo, il contatto dei piedi con l’erba bagnata di rugiada, il rinfrescarsi dell’aria quando scende la sera, il fatto di esserci solo noi che possiamo godere di un tramonto su di una scogliera. In questo viaggio c’è un po’ mancato questo lato wild, ma direi che qui almeno un po’ ce lo siamo goduti! Mentre ci allontaniamo da Sanvi, guardo le onde che si infrangono in spiaggia e sono spettacolari. Liscie, senza vento, giornata di sole e acqua super trasparente. Ancora ci penso a quelle onde che avrei potuto surfarmi. Vabbè, sfruttiamo il fatto che ci spostiamo per fare un po’ di spesa e per fare diesel, ho perso delle onde perfette almeno impieghiamo bene questo tempo. Ma nemmeno quello ci va bene, oggi, 15 settembre è festa della Cantabria, nessuno lavora. Niente spesa, ma per fortuna, dico a Nick, abbiamo ancora le uova prese in quel market schifoso. Liencres ci dà il bentornato con un mare incazzato, mi sembra giusto, andiamo via da uno spot dove c’erano onde da copertina e arriviamo qui con onde mangia uomini. Nick entra per una sunset session che va tanto di moda tra surfisti, io vado in spiaggia a godermi il sole. Al tramonto un deejay, dal bar direttamente sulla spiaggia, inizia a mettere su della musica, e devo dire che un tramonto con colonna sonora non è male. Soprattutto quando la colonna sonora ti fa capire di essere nel luogo giusto al momento giusto, grazie a Vasco e al deejay forse italiano: “Una splendida giornata/ Stravissuta, straviziata, stralunata/Una splendida giornata/Sempre con il sole in faccia fino a sera/Finché la sera di nuovo sarà”
P.s. Quando è ora di preparare la cena scopriamo che… Le uova non ci sono. Disastro! Eravamo convinti di averle messe nel carrello invece non ci sono. Ancora ci chiediamo se Nick le abbia messe nel carrello di qualcun’altro o se le abbiamo lasciate la in cassa pagate. Rimarrà un mistero. Per fortuna abbiamo sempre una scatola di fagioli a salvare la cena!
Quando arriviamo in Spagna, l’obiettivo è solo uno, la Galizia e perché no, il nord del Portogallo. Della Galizia ci siamo innamorati lo scorso anno, pascoli verdi, foreste di eucalipti, spiaggie semi deserte, parcheggi vista oceano e pochissimo turismo, per non parlare ovviamente dei bellissimi spot di surf. Decidiamo, però, di fare una sosta in Cantabria, per dividere il viaggio e non perdere una giornata in camper. Una giornata significano almeno 2/3 session di surf, non possiamo assolutamente perdere tempo prezioso.
Cantabria per noi significa Somo e dintorni: un sacco di spot di surf a pochi km uno dall’altro, e a Somo ho fatto il primo primo surftrip quando non avevo ancora la minima idea di cosa potesse significare fare un viaggio che abbia come unico scopo il surf. Quell’anno ho noleggiato la tavola e sono entrata un paio di volte testando le mie maldestre doti di equilibrio e stabilità in acqua, ho convissuto per 5 giorni con uomini con la scimmia del surf e lo tornerei a rifare mille volte quel viaggio. Mi sono innamorata dell’atmosfera di un surf trip, dei panorami della Spagna del nord, delle spiaggie che risentono incredibilmente di cambi di marea pazzeschi, della simbiosi che si vive con l’oceano.
Tornando al viaggio: siamo arrivati a Loredo, il paesino a est di Somo, con il quale condivide la lunghissima e larghissima spiaggia. Abbiamo trovato un parcheggio e siamo andati subito a vedere il mare, non abbiamo resistito alla tentazione di provare la mia tavola e anche se le onde sembravano piccole ci siamo buttati. Beh, mi sono divertita un sacco, la mia nuova tavola è una bomba e mi ha dato un sacco di soddisfazioni, poi acqua limpida, onde divertenti e non impegnative e sole caldo. Finalmente una gioia nel surf dopo tanti santi tirati giù dal cielo! Abbiamo festeggiato bevendo una birretta fresca e mangiando patatine sul nostro telo in spiaggia, guardando un tramonto infuocato. Ma che sensazione è quella che si prova quando si fanno esperienze del genere? Un aperitivo home made sulla spiaggia, noi, il sole che si tuffa nell’oceano. Benessere e pace dei sensi.
L’indomani mattina la scimmia del surf ha svegliato presto Nick, che dopo una sola session di ieri sera aveva bisogno di onde serie. A Somo, il mare non dava soddisfazione, quindi abbiamo deciso di spostarci a Liencres, alla Playa di Valdearenas, una bellissima spiaggia contornata da una duna e un immensa pineta. Abbiamo fatto spesa per il weekend di modo da non spostarsi più, per non rischiare di non trovare poi posti parcheggio. Liencres non l’ho mai visto tranquillo e non mi ha smentito nemmeno questa volta, onde grandi e che mangiavano i surfisti per me, perfette per Nick. Oltre all’altezza, che dalla spiaggia sembrano sempre ondine tranquille poi quando si è in acqua coricati sulla tavola sono tutta un altra cosa, bisogna vedere anche che potenza e che frequenza ha l’onda. Più è distanziata e più avrà acqua dietro di sé. Quindi se un onda di investe, ci saranno più frullate sott’acqua. Nick, è stato bravissimo ed ha fatto una session super, con documentazione fotografica della sottoscritta appollaiata su una roccia a riva.
On the road
Le foto al momento non sono disponibili ma appena scarico e post-produco (un parolone, diciamo, modifico un attimino) le caricherò sicuramente.
Piccole anteprime
Dopo un pranzetto light e ci ributtiamo in spiaggia. Mi metto protezione 30/50 da brava ragazza con incarnato nordico che si brucia anche con un secondo di sole, mi stendo e… inizia il vento. Sabbia che vola e io divento una cotoletta impanata. Avevo della sabbia in testa, nei capelli, nelle orecchie, ovunque! Appena il vento ha rinforzato kiter e windsurfer hanno tirato fuori l’attrezzatura e sono usciti! Tutti tranne uno, Nick è rimasto a guardare la situazione sperando in una diminuzione delle onde, ma più aspettava più il vento gonfiava le onde e più le condizioni diventavano impegnative. Come dicevo prima mai sottovalutare la potenza dell’oceano, le onde erano alte, un errore e devi buttare l’attrezzatura. A fine serata facendo un giro abbiamo trovato la vela di un windsurf nella spazzatura, non deve aver passato un bel quarto d’ora il proprietario. Per fare passare il malumore a Nick, perché ovviamente poi finito i momenti concitati ti chiedi se le condizioni erano davvero ostiche come ti è sembrato oppure era soltanto il timore che parlava, ci siamo seduti vicini al nostro camper vista oceano e abbiamo fatto un aperitivo con patatine e una bottiglia di prosecco che non è arrivata alla fine del tramonto indenne. Un altro giorno vista sole che si tuffa nell’oceano. Non mi godo così i tramonti quando sono a casa.
Kiters in azione
Le condizioni sono ottime qui dove siamo quindi: Liencres sia, anche oggi. Alla fine non siamo nemmeno sistemati male: siamo in un mega parcheggio con altri van e furgoni, abbiamo posto per tirare fuori sedie e goderci dei bellissimi tramonti, siamo attaccati alla spiaggia e abbiamo una fontana d’acqua potabile. Abbiamo tutto ciò che ci serve, anche riserve di cibo! Session mattutina per Nick che trova ondone ma line up abbastanza affollata. Purtroppo io non sono riuscita a fare grandi foto a causa della lontananza dalla riva e dell’affollamento. Individuare Nick così lontano e metterlo a fuoco ogni volta che prendeva un onda mi stava portando a perdere la vista. Dura la vita da fotografa con obiettivi buoni ma non perfetti. Poi nel pomeriggio c’è stata la rivincita di Nick che ha preso coraggio e si è lanciato in acqua con windsurf. Anche qui la fotografa non si è fatta mancare due o tre scatti che arriveranno più avanti. Adoro scattare foto della session perché sono bei ricordi del momento, oltre al fatto che vedersi in foto ti fa capire magari posizioni errate o il giusto assetto sulla tavola. Io ho visto delle mie foto sulla tavola da surf e ho chiesto che non mi vengano più fatte. Avete presente i post su facebook o su Instagram “come mi vedo io” / “come mi vede mia madre”/ “come mi vede il mio moroso”/”come mi vedono gli altri”, ecco, io sulla tavola mi sento bene, stabile, con una posizione da perfetta surfista figa come quelle che si vedono nei video e soprattutto mi sento come se stessi surfando una montagna d’acqua. Nella foto invece la magra verità, una piccola otaria che tenta di stare in equilibrio sulla tavola e surfa onde di mezzo centimetro. Triste verità. Quindi preferisco continuare a pensarmi Giulia Calcaterra, figa sulla sua tavola da surf anche se la verità è tutta un altra.
Anteprima
Anteprima windsurf
A questo punto del viaggio saremmo dovuti ripartire per la Galizia ma il meteo non è stato dalla nostra parte. Un fronte di mal tempo di almeno una settimana ci ha bloccato. Una settimana, 10 giorni di acqua incessante non ce la siamo sentiti di prenderla, voleva dire freddo, grigio e mute che non si asciugano mai. Purtroppo il meteo della Galizia è quasi come quello inglese: nuvolo, freddo, pioggia, nebbia e pochi giorni di sole. L’anno scorso alla fine ci era andata bene, anche se almeno una mezza giornata grigia e di pioggia non ce la toglieva nessuno, ma era agosto. Settembre sicuramente è peggio e viste le previsioni meteo decidiamo di non proseguire. Questa decisione però, ci lascia un po’ di amaro in bocca. Ci eravamo segnati un sacco di spot da andare a testare. Avevamo voglia di stare più isolati, di respirare ancora più libertà.
Adesso mi rendo conto che abbiamo sbagliato una sola cosa: abbiamo programmato. Fino all’ultimo non sapevamo dove saremmo andati ma poi quando abbiamo deciso la destinazione avevamo già un piano, delle tappe prefissate, dei punti da toccare, dei luoghi da fare nostri. Ma programmare significa anche darsi delle aspettative, programmare significa pensare al futuro, andare avanti con la mente e quindi, non vivere il presente. Siamo caduti, come tante volte ci succede, nello schema mentale dell’uomo moderno. Svegliarsi la mattina e pensare a cosa mangerò stasera, alla palestra delle 18, alla cena delle 20 e alla serie Netflix del dopo cena… Tra i mille impegni perdiamo il senso “del qui e l’ora”. Ma il viaggio va vissuto ora per ora, istante per istante. Altrimenti i momenti passeranno via tra le dita senza accorgersene ed il viaggio prenderà un retro gusto amaro.
Difficile staccarsi da questo modo di pensare ma è così che forse riusciremo a ritrovare il gusto fresco che aveva inizialmente il nostro surftrip.