Lockdown in Sardegna. Il nostro angolo di paradiso: Chia

Immaginate un piccolo laghetto abitato da fenicotteri rosa, un camper parcheggiato a ridosso del laghetto e se si sposta lo sguardo un po’ più in la oltre al laghetto, il mare.

Abbiamo vissuto in questo posto da sogno per quasi 3 settimane, dopo essere stati a S’Archittu, infatti, abbiamo deciso di spostarci verso sud, all’interno di un area sosta che ci permettesse di poter vivere in serenità i giorni di lockdown natalizio. In un area sosta infatti avevamo la possibilità di caricare acqua senza doverla cercare ed inoltre non ci sarebbero stati problemi di batteria perché attaccati alla colonnina della luce. Siamo arrivati nel primo pomeriggio nell’area sosta che si trova a pochi passi dalla spiaggia di Su Giudeu, una delle più belle di Chia, e ci siamo subito sistemati in una posizione perfetta. A ridosso dello stagno, vista mare e sul fianco avevamo un piccolo giardino privato circondato da una siepe. Una casa perfetta. Avevamo anche dei vicini (oltre a fenicotteri starnazzanti): una coppia di ragazzi con due cagnoline, Laila e Luna che animavano quell’oasi di pace e che ci hanno tenuto molta compagnia con la loro vivacità di cucciolone cresciute, Sono stati gli unici contatti con umani in 21 giorni di vacanza oltre a quelli con i cassieri del supermercato. Se non ci fossero stati loro forse avremmo dipinto una palla, e l’avremmo chiamata Wilson. Giusto per farvi capire che li il distanziamento sociale non era affatto un problema.

Le nostre attività sono state svariate, e trovo un po’ di difficoltà a raccontarle. Non era più una vacanza, ma una nuova quotidianità, e devo dire che non ho faticato ad abituarmi. Io dovevo studiare per la sessione invernale degli esami quindi per gran parte del giorno mi ricavavo momenti in cui o in camper (in compagnia di una stufetta elettrica comprata) o nel mio giardino privato ripetevo i miei appunti e fissavo gli argomenti. Ero spaventata su come sarebbe stato studiare in Sardegna in camper con distrazioni, nessuna postazione di lavoro, Nick che doveva magari rimanere in camper e subire argomenti ripetuti a voce alta, mi ero detta che se questi esami non fossero andati bene, l’avrei accettato e capito senza incazzarmi più di tanto… Alla fine mi sono resa conto che anche in quel caso il camper è stato, come sempre, meglio di casa. D’altronde, dopo lo studio avevo voglia di staccare la mente? Una spiaggia deserta mi attendeva a pochi passi dal camper, le onde erano pronte a cullarmi sulla tavola da surf. Se ci ripenso mi viene il magone. Soffro terribilmente essere chiusa in queste 4 mura di mattoni, i soliti giri, le solite passeggiate che mi attendono, le solite serate passate tra cellulare e tv. Nel camper è tutto completamente diverso, il telefono a volte non prende (e in quelle occasioni capisco quanto io ne sia dipendente), non abbiamo la tv quindi non ci rimane che accendere un sottofondo musicale, parlare, scherzare, giocare a carte, andare a letto presto per svegliarci poi all’alba la mattina dopo e goderci tutta la giornata con tutte le avventure che ci aspettano. Un altra VITA.

Oltre allo studio, c’era il surf. Nicola si è fatto praticamente tutti i giorni in acqua a surfare, le condizioni erano sempre bellissime che ci fosse 1 metro, 80 cm o 2 metri. Il colore del mare e la sua trasparenza ti lasciavano senza fiato (anche la temperatura, a volte!). Un giorno abbiamo surfato sotto la pioggia, con il sole che appariva e scompariva tra le nuvole, formando arcobaleni. Un giorno il mare era completamente piatto e abbiamo usato il SUP, andando ad esplorare le calette nei dintorni della nostra spiaggia, la visibilità del fondo era talmente nitida che si vedevano pesci e dune di sabbia sul fondale. I colori del mare passano dall’azzurro chiaro, al verde, al blu profondo e mi sembrava di essere in un quadro. Li hai veramente la possibilità di vivere una vita a colori. Mentre noi sguazziamo, in pianura, sempre nei soliti.

Nick si è dato alla pesca, portando da casa una canna da spinning, una da fondo. Quando siamo arrivati a Chia, dopo aver visto un ragazzo che praticava pesca subacquea, ha deciso di comprarsi anche un fucile. Io ero tra l’incredulo e lo shockato, uno si sveglia una mattina e senza mai aver praticato una cosa si prende l’attrezzatura. La prima volta che l’ha utilizzato avevo paura che si auto-arpionasse, che avrebbe perso la punta in qualche scoglio o chissà che altro. Invece il mio Mac Gyver è riuscito ad usare anche quello al primo colpo. E’ tornato dalla prima pesca subacquea con 2 pesciolini e 1 polpo. Finiti della fregola sarda della sera. E’ stata una soddisfazione mangiare qualcosa che non hai dovuto comprare al banco pesce del supermercato. Una connessione in più con la natura. E’ sceso solo una o due volte a pescare perché purtroppo non aveva la muta apposta per andare in subacquea ma utilizzava quella da surf, che purtroppo non aveva a stessa tenuta e lo stesso spessore che avrebbe dovuto avere una muta “specializzata”. Ha detto che se la procurerà per la prossima avventura. Tra poco toccherà prendere il camper più grosso per farci entrare le nostre (soprattutto le sue) mille mila passioni.

Abbiamo fatto lunghe passeggiate sulla spiaggia e nei dintorni scoprendo altre calette come Cala Cipolla e Cala del morto. Il primo dell’anno, dopo una colazione fatta in giardino, abbiamo fatto una passeggiata fino a raggiungere il faro che si trova al di sopra della spiaggia di Su Giudeu, il faro Spartivento. Faro che è stato riqualificato e trasformato in una struttura ricettiva veramente molto cool, con piscina a sfioro e ambienti raffinati. A testimoniare la storia del faro, si trovano ancora segni delle mitragliate degli aerei americani, della seconda guerra mondiale. Continuando per il sentiero siamo giunti a un casolare dove abbiamo avuto il piacere di ammirare un bellissimo panorama: a sinistra la spiaggia di Su Giudeu, a destra la spiaggia di Tueredda e in lontananza Capo Teulada. Scesi dalla stazione panoramica di capo Spartivento eravamo leggermente accaldati e io, indecisa fino all’ultimo, ho deciso di fare un piccolo bagnetto vestita. Ed è stata una sensazione stupenda. Mi sono sentita libera, selvatica, fuori dalle regole, dai “quello non lo puoi fare”, sbloccata, e slegata da tutti i preconcetti e i pensieri.

La Sardegna mi ha anche regalato la visione delle stellate più belle della mia vita, con tanto, una sera, di stella cadente. La prima volta che sono uscita dal camper, in una sera serena e ho guardato verso l’alto sono rimasta meravigliata. Una coperta di velluto nero piena di Swarovski, alcuni più piccoli, altri più grandi, ma tutti dotati di una luminosità speciale. Un momento magico che mi ha fatto sentire parte di qualcosa.

I giorni prima della ripartenza ho pianto più volte, mi sono commossa, non mi sembrava vero di dover tornare a casa. Come faccio a vivere la mia solita vita quando so cosa mi perdo?! Quando so che le cose che mi circondano a casa non mi emozionano e non mi toccano il cuore come quelle che ho trovato in Sardegna? Mi sono emozionata per il surf sotto la pioggia, per i tramonti, per le passeggiate, per il volo dei fenicotteri, persino per le rondini che volavano sopra il laghetto, mi sono emozionata per la potenza del vento e del mare e per i colori vividi, per la solitudine e per la compagnia dell’unico umano che posso sopportare 24/24 e 7/7. Ho adorato alzarmi al mattino quando il sole sorge, le colazioni sotto la veranda, i pranzi sotto il sole e le cene al calduccio del nostro camper.

Poi si torna a casa e di queste sensazioni rimane un ricordo, il fuoco che si era acceso alimentato dalle esperienze e dalle emozioni di quei giorni piano piano si spegne e non vedi l’ora di ripartire per riattizzare quel fuoco. Al momento rimangono solo i tizzoni ardenti.

Guarda il nostro video sull’avventura in Sardegna e le altre avventure: