Un weekend… Relax a Porto Garibaldi (Lidi Ferraresi)

Ma cosa fa il surfista quando non ci sono onde e vento e il richiamo del mare è più forte di qualsiasi cosa? Va al mare e fa per una volta “la vita da pensionato”. Ogni tanto, tra le nostre avventure capita, raramente, di fermarci e rilassarci, per fortuna mia e per grande disagio di Nick, che vorrebbe sempre essere sul pezzo. In realtà, siamo dei sensibiloni e i nostri amici del Lago di Garda, che non vediamo dall’autunno scorso, hanno organizzato un weekend al mare e abbiamo veramente voglia di vederli e passare un po’ di tempo in loro compagnia.

Partiamo giovedì sera direzione: Lidi Ferraresi. Per la precisione, Porto Garibaldi. Arriviamo la sera tardi, giusto il tempo di trovare un ottimo parcheggio per dormire, grazie a Caramaps che ci ha indirizzato, e grazie al fatto che arrivati alle coordinate ci siamo trovati davanti un enorme spiazzo pieno di camper di ogni tipo e dimensione. Nessun dubbio, stasera dormiamo qui.

La mattina seguente, dopo una colazione leggera a base di french toast dopo aver avuto a che fare con il “camperista che nessun camperista vorrebbe a fianco”: colui che utilizza il generatore a qualsiasi ora del giorno e della notte (fortunatamente la notte non ce n’è stato bisogno), abbiamo fatto una bellissima passeggiata in spiaggia, fino al canale. Dove ci siamo gustati un caffè guardando i pescatori che rientrano alla base dopo una nottata passata in mezzo al mare, scopriamo quasi troppo tardi che i pescherecci attraccavano li vicino e che esponevano il loro pescato proprio sulla banchina del canale. Abbiamo trovato dei gamberoni fantastici e abbiamo deciso che quello sarebbe stato il nostro pranzo, annaffiato da una fresca bottiglia di vino bianco fermo. Non è affatto male la vita da pensionato! Da bravi anzianotti ci siamo sparati un riposino pomeridiano e siamo tornati alla spiaggia per fare un bagnetto nell’acqua colore verde smeraldo. Verde militare forse è il colore più corretto. Diciamo che il mare non è il punto forte dei lidi ferraresi, hanno tante altre buonissime qualità! Per aspettare la cena ci siamo allenati: Nick si è fatto una corsetta di 10 km nei dintorni della spiaggia, io, purtroppo, ferita al piede doppiamente (N.B. mai andare in skate a piedi nudi, soprattutto se non siete esperti) mi sono dilettata con due workout di crossfit. Prima il dovere e poi il piacere…. Infatti la sera siamo andati a mangiare il miglior fritto che io abbia mai mangiato in un localino di fianco al canale. OTTIMO!

Ci ritroviamo dopo tanto tempo con i nostri amici ed è sempre un piacere sentirli sparare una marea di cagate al secondo. Sono fantastici! Nick gli vuole bene e io pure. Il giorno del grande giro in barca è arrivato! Delta del Po arrivano “quei de Torbole”! Chiamati così perché la compagnia è nata a Torbole, baciati dal lago di Garda, forgiati dal windsurf, dai giri in MTB e dalla baldoria post sport, tutti ovviamente wild: furgonati, camperisti, solo auto o tende. Oggi l’unico sport sarà quello di partire dal parcheggio del camper e arrivare alla barca e ritorno. Ma ci divertiremo, ne sono sicura.

Arriviamo alla motonave “Albatros”, e ci sistemiamo nelle nostre postazioni, e salpiamo. Io ho un debole per i viaggi itineranti questo è certo e viaggiare su una barca mi ha sempre affascinato. Diciamo che questo tipo di barca non ha tutto l’allure di una barca a vela ma mi accontento. Ho la possibilità di testare anche la mia nuova ottica Tamron e testarmi soprattutto come fotografa super amatoriale. La nave salpa alle 9/9:30 e si dirige verso nord, si passano i lidi ancora poco affollati fino ad arrivare al lido di Volano, dove scompare il turismo tipico della riviera romagnola e il paesaggio è molto più selvaggio. Passiamo nella Sacca di Goro, una grande secca profonda meno di un metro in alcuni punti, dove si trovano allevamenti di vongole veraci. Arriviamo poi alla foce del Po di Volano, il ramo più a sud del delta. Costeggiamo l’Isola dell’Amore (Scanno di Goro), lembo di spiaggia lungo 8 km con il suo romantico farò ed entriamo nel grande fiume. Il Po di Goro separa Veneto e Emilia Romagna e colpisce per i suoi canneti e l’incontro tra le due acque quella dolce del fiume e quella salata del mare. Si incontrano senza mischiarsi, lo si vede anche ad occhio nudo, i cigni fanno il bagno, una grande quantità di gabbiani ci svolazza intorno. Interessante vedere come ambiente marino e fluviale si uniscono. Ritorniamo all’Isola dell’Amore, circumnavigando un isoletta fluviale, per fare una sosta bagno. Sbarchiamo e ci facciamo strada in un sentiero ancora poco battuto (causa Covid), che ha reso il tutto più avventuroso! Leggendo commenti e esperienze varie sui vari siti, tutti raccontano l’arrivo su questa spiaggia come un’esperienza addirittura mistica, emozionante, che rimane impressa nella memoria. L’unica cosa che mi è rimasto nella memoria non è la spiaggia di sabbia bianca, contornata da una flora rigogliosa, piena di tronchi d’alberi portati al mare dalla corrente del fiume e levigati dalla forza dell’acqua. Ho visto, per l’ennesima volta, la mano dell’uomo che distrugge: oltre infatti a tantissimi alberi dalle forme tortuose e bellissimi, tantissima spazzatura, bottiglie di plastica, vetri rotti, addirittura una lavatrice e un frigo. Ho fatto il bagno e sono tornata alla barca con un po’ di amaro in bocca. Abbiamo pranzato a bordo della motonave degli squisiti piatti cucinati dal cuoco e proprietario con la moglie della motonave. Ci allontaniamo dalla foce del Po e facciamo ritorno alla base, il vino mi ha fatto dimenticare per un attimo lo spettacolo della spiaggia, i gabbiani ci inseguono e danno spettacolo attirati dal cuoco che sta gettando a loro un po’ di pane rimasto dal pranzo e noi iniziamo a danzare sulle note delle canzoni anni 80/90. Sulle note di “Non succederà più” torniamo al Porto. Che sia un segno?!

(Parcheggio Porto Garibaldi: viale Alfonso La Marmora 45, 44029 Porto Garibaldi)

(Friggitoria El Puerto, Via Caduti del Mare, 64, 44029 Porto Garibaldi)

(Motonave Albatros https://www.motonavealbatros.it/it/)

BALEAL

Ottobre 2019, è arrivato in un attimo. Dopo il ritorno dal lungo viaggio dalla Spagna del Nord eravamo tornati al nostro lavoro e al solito tram tram di tutti i giorni. Aspettavamo il weekend per ripartire con il nostro camperino, come i bimbi aspettano il Natale. Ma avevamo nostalgia dell’Oceano e delle sue onde, delle sue spiagge ampie e desolate. A tirarci su di morale, oltre alle gite fuori porta con Elvis, c’era anche un biglietto aereo Ryanair, prenotato non ricordo nemmeno quando. Destinazione Baleal, un paesino a nord di Lisbona (1 oretta di macchina), una delle mete per chi vuole fare una cosa sola nella sua vacanza: SURFARE!

Non ho passato un bel periodo dal ritorno dalla Spagna e al momento della partenza ero ancora in uno stato mentale molto brutto. Speravo che la compagnia di Nick e dei suoi amici surfisti mi facessero tornare un po’ di buon umore, e che questa vacanza potesse, come dire, lenire le ferite della mia mente. Diciamo che il 2019 è stato un anno impegnativo dal punto di vista “progetti lavorativi”, anno che sembrava partire alla grande con un lavoro diverso ma che poi subito si è rivelato una catastrofe dal punto di vista del carico di stress, decisi allora di cercare altro, e trovai quello che mi sembrava un occasione unica, con un piccolo investimento ho iniziato, ma poi sono crollata psicologicamente. Un altro fallimento. Quante volte devo cadere e quante devo rialzarmi? Non ho ancora imparato la regola del “mai una gioia” della vita.

Prendiamo il volo, dopo un anno dall’ultimo aereo preso, sempre un emozione (per me terrorizzante) volare, ma pur sempre una grande emozione. Arriviamo a Lisbona nel primo pomeriggio, attendiamo che scarichino le nostre tavole e ci dirigiamo verso l’autonoleggio a ritirare i nostri super mezzi. I ragazzi non stanno nella pelle, hanno voglia di tuffarsi nell’Oceano e appena finiamo il disbrigo di tutti i moduli dell’autonoleggio partiamo in direzione Carcavelos, una spiaggia a 12 km a Ovest da Lisbona. Mangiamo qualcosa in un baretto sulla spiaggia e poi i ragazzi si cambiano ed entrano in acqua. Cosa c’è di meglio di inaugurare un surf trip se non con una session ancora prima di arrivare a destinazione?

Finita la session partiamo in direzione Baleal (Peniche). Dopo un oretta e mezza di strada arriviamo alla nostra villetta per la settimana, che figata! Una splendida villetta in stile moderno, in un quartiere tranquillissimo, a picco sul mare. La casa è fantastica, una cucina enorme, un patio fuori dove poter addirittura mangiare e fare grigliate, ogni stanza ha il suo bagno e , lasciatemelo dire, questa per me è stata una magnifica notizia! Il problema fondamentale di dividere la casa con altri 6 uomini era esclusivamente l’uso del bagno in comune.

Non vi starò a descrivere giorno per giorno che cosa abbiamo fatto… Perché nel surf trip esiste solo: l’Oceano, la compagnia e le onde! Ogni mattina ci svegliavamo tranquillamente, lo chef della casa (menzione di onore per lui che ogni giorno ci ha preparato colazioni, pranzi e cene squisite) faceva trovare pancake, crepes e caffè americano già pronti per essere divorati, poi insieme si partiva alla ricerca dello spot migliore, quello con il giusto swell, la giusta marea, la condizione perfetta! Era tutto un girare su e giù per la costa. Alla fine si entrava più o meno sempre negli stessi spot. Un modo come un altro per conoscere il territorio. Per fortuna a riva le condizioni erano adatte anche a me super principiante.

I giorni sono passati riempiendoci gli occhi di panorami stupendi, dell’azzurro del cielo, del blu dell’Oceano, del bianco della sabbia e del verde dell’erba. Per non parlare del rosso-marrone delle dune di sabbia e terra che si trovano a Playa Almagreira. Dune che ospitavano un sacco di surfisti in van e in furgone. Che invidia! Elvis, preparati che il prossimo viaggio portiamo anche te!

L’incubo peggiore di un surfista in surf trip è ovviamente quella di beccare anche solo una giornata di calma piatta. In quelle poche ore vedrete il ragazzo svuotato, smarrito, senza più uno scopo nella vita. Inizia la ricerca disperata di un onda anche di pochi centimetri da surfare, un appiglio per poter salvare la giornata. Un giorno senza surf, è un giorno perso! L’Oceano ci ha fregato e ci ha regalato una giornata di piatta totale, i surfisti in astinenza erano più di uno e si doveva trovare una soluzione. Prendiamo mute, tavole da surf e macchine e si parte, tutte le webcam dei dintorni danno condizioni “flat” ma i surfisti non ci credono e devono andare a vedere di persone! Nel pellegrinaggio per trovare “l’onda perfetta” siamo finiti nello spot che produce le onde più grandi del mondo: Nazaré. Abbiamo visitato il magnifico faro che si staglia tra le onde enormi. Guardando l’orizzonte risulta impossibile immaginare che davanti a quel faro si possano formare onde altre 30 metri, 9/10 piani di un abitazione. Ed è assurdo pensare che ci sia gente così matta da surfare quelle onde. Dentro il faro troviamo un piccolo museo con le foto delle onde più spaventose, le tavole che sono riuscite a surfare quelle onde (integre o rotte, amputate) e la muta che indossano i big wave rider con imbottiture per proteggersi dall’enorme forza dell’acqua. Vi giuro, non vorrei mai essere al loro posto!

Ma poi le onde sono tornate e i nostri eroi surfisti hanno potuto tornare a surfare! E abbiamo potuto addirittura vedere i surfer professionisti disputare il Meo RipCurl PRO (mi scuso per la qualità pessima del video, stiamo lavorando per un bel cannone più professional). E’ stata veramente una figata pazzesca! Abbiamo respirato un atmosfera magica e piena di positive vibe e ho sognato, per un attimo, che un giorno sarei stata figa come le ragazze che disputavano la gara.

Ragazzi, io non lo dico perché sono fidanzata con un surfista maaaaa… quanto sono fighi? Stilosi, abbronzati, sempre con i capelli arruffati, con l’oceano nel sangue e la libertà ai piedi. Non vedo l’ora di partire per un nuovo surf trip!

Capitolo 4: Giro di boa

11° GIORNO – 26 AGOSTO. Decidiamo di tornare vero al Cantabria, a malincuore perchè io, nella mia lista delle cose da fare avevo inserito: Capo Finisterre (Cabo Fisterra in galiziano) luogo ritenuto dagli antichi la fine del mondo e km 0 del Cammino di Santiago; Santiago de Compostela per respirare un po’ dell’atmosfera mistica che respirano i pellegrini che arrivano nella piazza dopo tanto peregrinare; le isole Cies, un arcipelago protetto in cui possono entrare solo 2000 visitatori al giorno, hanno spiagge caraibiche e mare verde smeraldo, un paradiso del trekking. Ma per fare un percorso così avremmo dovuto avere più tempo. Purtroppo si deve tornare per impegni lavorativi e fare un viaggio di molti più km non ha senso perché almeno 2-3 giorni in un luogo è bello fermarsi. Ci avviciniamo a casa, putroppo. Siamo in camper da 11 giorni e la vita casalinga non mi manca per niente nonostante abbia i capelli che non vedono uno shampoo da Ribadesella (sento già lo sguardo di disapprovazione di mia sorella che mi guarda schifata mentre leggerà questa cosa) ma purtroppo lavarsi i capelli la sera vuol dire tenerli bagnati quando si va a letto e devo scegliere se morire di cervicali il giorno dopo (le gioie dei 30 anni) o se avere rasta che sanno di salsedine, la tshirt ha almeno 5 giorni di durata e gli short sono con me da inizio viaggio (rinfrescati sotto la doccia a Ribadesella). Sono con me da tutto il viaggio e continueranno a farlo, alla fine cammineranno a mio fianco. Ho preso su una valigia di panni per 3 settimane in hotel 4* ma in camper me ne bastano 1/4. Questa è una cosa che apprezzo. Consumismo al minimo. Apprezzi una doccia calda da 30 secondi (perchè altrimenti “finisciiiiii l’acquaaaaaaaa!”) mentre a casa non te ne basta una da 30 minuti. Sporcare meno stoviglie possibili perché poi al momento di lavarle “finisciiiiii l’acquaaaaaaaa!”. A casa siamo schiavi di queste cose, ogni giorno facciamo andare lavatrici e lavastoviglie piene sbombate. Dopo questo delirio post-cena siamo fermi in un bellissimo posto, scoperto anche questo a caso (grazie Park4Night), su una falesia a picco sul mare e su una spiaggia: la spiaggia di Penarronda a Tapia de Casariego. Vediamo se domani possiamo entrare in acqua, spero, devo buttarmi! Altrimenti non riuscirò mai a superare la fobia dell’oceano. Sono pronta a surfare e a divertirmi!

12° GIORNO – 27 AGOSTO. Stamattina sveglia e colazione, la giornata parte tranquilla, c’è nuvolo ma non eccessivamente freddo. Alle 9 circa arriva un furgoncino che inizia a suonare il clacson: è il panettiere! Mando Nick in avanscoperta e torna con baguette immancabile e una sorta di plumcake al cioccolato con peso specifico di una mattonella, perfetta per la merenda post surf e la colazione. Non durerà molto conoscendoci. E poi… dopo la spesa direttamente vista Oceano ci siamo buttati in acqua! C’era poca gente, poche scuole di surf, onde giuste, non troppo piccole e nemmeno grossissime da farmi paura ma sopratutto non spingevano tantissimo e non erano velocissime quindi avevo un po’ di tempo per imparare il take off (la partenza sull’onda). Mi sono proprio divertita, contenta di come sia andata l’uscita di oggi. E’ andata talmente tanto bene che mi sono divertita anche se in acqua c’erano alghe dappertutto, praticamente delle mangrovie. E quanto può essere piacevole nuotare con cose (che non sai cosa sono) che ti toccano piedi e mani.

Soffro di leggera talassofobia, ovvero una paura dell’acqua, in particolare del mare e delle acque profonde. Sono un “ottima” nuotatrice, ho fatto gare, la mia infanzia e adolescenza le ho passate nell’acqua clorata (complice la piscina a 2 passi da casa). Ma per me tuffarmi da uno scoglio nell’acqua fonda, nuotare nel lago di Garda lontana dalla riva, fare il bagno in mare dove non tocco, fare snorkeling o immersioni è uno sforzo immane. Fare snorkeling poi con i pesci vicino mi mette un ansia tremenda, potrebbero essere pesci pericolosi, velenosi ed attaccarmi. Figuriamoci che film si fanno nella mia mente se qualcosa mi tocca il piede mentre sono in acqua. Diciamo che ci sto lavorando. Già prendere la tavola da surf e affrontare l’acqua alta, le onde, le alghe è una conquista. Piano piano mi vedrete anche tuffarmi da alti scogli nel blu profondo o fare immersione in apnea. Basta la forza di volontà e la testardaggine.

Il cielo nuvoloso non ci ha abbandonato per tutta la giornata, ma almeno fa caldo. Caldo: 20/21° C. Ci siamo fatti una mangiata stratosferica, il surf mette fame, e ripartiamo per tornare verso Liencres. Ci spiace lasciare questo spot e parcheggio perchè veramente tattico. Spot che lavora bene con medium tide. Per info: https://it.surf-forecast.com/breaks/Playade-Penarronda.

13° GIORNO – 27 AGOSTO: Abbiamo passato la notte nel parcheggio della spiaggia di Liencres, alle 7:30 un tipo ha bussato al camper e ci ha intimato di andare via altrimenti avrebbe chiamato la Guardia Civil perché li era vietato dormire… Strani leggi spagnole, una settimana fa abbiamo dormito nello stesso parcheggio e nessuno ci ha mandato via ora invece ci mandano via alle 7 e 30 del mattino… Sarà l’anima latina che fa rispettare le leggi un po’ a catzum, in Italia come in Spagna. In realtà eravamo in torto perchè ci sono i cartelli che indicano che è vietato il campeggio e il pernottamento ma visto il nostro soggiorno di una settimana fa pensavamo di cavarcela. E’ stata una giornata di bomboloni che ci hanno costretto a spostarci per trovare uno spot surfabile. Un amico che abita in Cantabria ci ha suggerito San Vincente della Barquera, e noi senza pensarci 2 volte abbiamo girato il camper di nuovo verso l’Asturia e siamo tornati indietro di 50 km. Siamo partiti con il sole e siamo arrivati a San Vincente con nuvolo e il solito grigio. Abbiamo parcheggiato il camper in uno dei parcheggi antistanti alla spiaggia, in un campo incolto in mezzo al verde. Il problema era la distanza dal mare, almeno 500mt dall’inizio della spiaggia, calcolando che le spiagge sono profondissime per arrivare all’acqua avevi ancora 2 km, comodo con tavola da surf e zaino, fortunatamente non doveva uscire in windsurf. Poi risentiamo il nostro amico che ci indica come punto più surfabile la parte opposta della spiaggia in cui ci eravamo fermati noi. Bene, altri km e km di spiaggia per arrivare al pontile con il faro verde. MAI UNA GIOIA. Ultima sorpresa della mattinata, io avevo felpa, tshirt e braghini corti, nello zaino anche il piumino. Ma non avevo messo il costume. C’era nuvolo e quasi si metteva a piovere quindi ho pensato che avrei avuto freddo. Errata supposizione, il nuvolo e l’umidità hanno creato una cappa di caldo e avrei potuto fare addirittura il bagno. Diciamo bagnare i piedi! Dopo esserci ritrovati in spiaggia, ci siamo rifugiati nel nostro Elvis e siamo tornati a Somo dove abbiamo raggiunto i nostri amici italiani. Il mare era calato anche a Somo e Nick decide di farsi un altra session, è partito poco convinto e ha fatto 2 ore in acqua. Quando tornerà a casa avrà piedi e mani palmate e le branchie. Io solo la panza… continuo a mangiare schifezze mondiali (palmeritas al cacao; napolitane che sono una sorta di saccottino al cioccolato; abbiamo addirittura preso una torta tipica cantabra che non possiamo mangiare perché non abbiamo un forno, a quesada pasiega).

14° GIORNO – 29 AGOSTO: Oggi giornata senza spostamenti. Bagno di prima mattina (orario spagnolo, verso le 11). Le condizioni erano difficili e c’era molta corrente, ho remato per 2 h e ho preso tutte le onde… in testa! Ci siamo poi dedicati a spesa e a lavanderia, abbiamo riconquistato mutande che ormai davamo per disperse…e ne avevamo proprio bisogno di rinnovare la pulizia del guardaroba. Nel pomeriggio 2° bagno per Nick nel pomeriggio, io ho evitato accuratamente, già ho paura, manca solo che mi butti dentro in condizioni difficili o che non riesco a gestire.

15° GIORNO – 30 AGOSTO: Abbiamo passato la mattinata a Somo, purtroppo siamo parcheggiati in strada quindi è un po’ scomodo tenere tutto super sigillato, soprattutto quando fuori c’è il sole, come oggi. Ci sarebbe stato addirittura il pranzo in veranda. Abbiamo fatto un uscitina in surf e mi sono divertita, ho preso ben 1 onda ma le altre non le ho prese in testa e sono arrivata a stare in line up (il punto dove i surfisti si allineano per prendere le onde, proprio dietro la zona dove le onde si rompono). Dopo aver imparato più o meno a stare in piedi, la fase 2 è imparare le tempistiche di un onda: difficile capire dove chiuderà (destra o sinistra) e il timing. Dopo la session Nick si è dedicato all’inverter di Elvis che ci ha lasciato a piedi senza preavviso. Io ho preparato pranzetto e siamo andati in spiaggia. Finalmente un intera giornata di sole, addirittura siamo riusciti a fare il bagno senza muta giocando con le onde. Io pensavo di fare la figa buttandomi in un onda e a momenti mi affogo in 3 centimetri d’acqua. Visto che il vento non calava, le condizioni del mare non erano belle e si era anche annuvolato (una giornata di sole completo è chiedere troppo!) siamo fuggiti da Somo. CIAO CIAO CANTABRIA! CI RIVEDIAMO PRESTO!!!

Vita standard

L’ultima volta che ho preso un volo è stato a settembre e mi sembra passata un eternità. Sento la necessità, il bisogno di partire, di andare via, di cambiare aria. E pensare che volare è la cosa che odio di più al mondo! I miei compagni di viaggio possono testimoniare il mio terrore dell’aereo. Passo dalla trepidazione di aver acquistato il volo e quindi al desiderio di partire all’ansia e terrore che possa succedere qualsiasi cosa in aereo. E’ un mix che, però, non mi dispiace! Agitazione di partire e ansia di arrivare. La sensazione più bella è il momento appena dopo l’atterraggio (si, quella dove parte l’applauso per il comandande che ci ha portati sani e salvi a destinazione) quando sai di essere arrivato a destinazione e da quel momento la mente impegnata con i problemi di tutti i giorni si spegni e inizi a vivere il viaggio. Quando si aprono i portelloni e respiri finalmente l’aria del posto in cui sei arrivato, i sensi si attivano dopo tanto tempo passato nella pianura padana grigia e puzzolente. I colori, i palazzi, la lingua diversa tutto è eccitante e stimolante! Si dovrebbe vivere in viaggio, i giorni non sarebbero scanditi da minuti/ore/secondi, un giorno uguale all’altro. Il tempo si misurerebbe in avventure e esperienze vissute, in nuove scoperte. Si vivrebbe solo con la voglia di vedere e scoprire quanto piùpossibile e di ricevere dal mondo tutta l’energia che ti può dare.

La routine ti ammazza lentamente. Ne sono certa. Sveglia tutte le mattine la stessa ora, colazione, bagno, lavoro, pausa pranzo, lavoro, casa, divano, cena, divano, tv, letto. E di nuovo. Le giornate ci scivolano via senza accorgecene, sabbia tra le mani. Sabbia che non si potrà riprendere una volta volata via. Mi viene in mente una frase che sento ripetere spesso dalla parrucchiera ma che mi è sempre rimasta in presso quando magari ero bimba e sentivo da signori più meno anziani “dai 30 anni in poi la vita scorre via che non te ne accorgi nemmeno, un giorno ti svegli e sei vecchio”. Il perchè, forse, l’ho capito proprio ora, scrivendo questo blog. Questa frase l’ho sentita sempre da persone che passano una vita standard. La vita standard è quella che viviamo tutti, imposta da non si sa chi, accettata perchè giusta a priori. La vita standard è studiare, lavorare, all’età di 30/35 anni fare figli, avere casa con cane e giardino e continuare a lavorare e spaccarti la schiena per poterti permettere la casa, il giardino e i figli. Lavorare per permettere ai figli di entrare nella vita standard, cercando di non far mai mancare nulla di materiale (cellulare ultima generazione, vestiti ultima moda, le ultime scarpe da calcio). I valori quelli che non si toccano che non sono fatti di mattoni, carta, plastica, quelli non valgono più. A volte addirittura si insegna che a fare i furbi si “guadagna” di più: un bimbo che gioca a calcio e a cui viene insegnato di cadere a terra se un giocatore avversario lo tocca. Viene insegnato che mancare di rispetto va bene: la maestra mette in punizione un bimbo che ha fatto una cosa sbagliata e i genitori insorgono contro la maestra.

Purtroppo entrare nel meccanismo della vita standard è semplice, ci si entra appena si viene al mondo. Io stessa ero da vita standard, ero la perfetta vita standard. Ora sto cercando di resettare la mia vita e, piano piano uscire da questo meccanismo. Il complicato di questo processo? Ti senti quasi sbagliato nei confronti degli altri, senti che pensi cose che la maggior parte di persone o non pensa o è riuscita a mettere il silenzioso a questi pensieri. Sentirsi giudicato, diverso, visto come strano o peggio come uno che non vuole fare niente nella vita che non ha obiettivi, non ha futuro.

Io, invece, un obiettivo ce l’ho: tempo scandito da emozioni, esperienze e non dall’orologio tiranno.

cof